OPINIONE

Il tornado Trump e l'Europa Bella Addormentata

di Mario Sechimartedì 12 agosto 2025
Il tornado Trump e l'Europa Bella Addormentata

4' di lettura

A leggere i giornali citati dagli intellettuali a prescindere siamo più o meno alla fine del mondo, mentre la sinistra sfodera un manuale di economia balneare e politica estera da brividi. La realtà è che siamo entrati in un altro mondo e loro sono ancora residenti nella Ztl dove è svanito sotto i loro occhi allucinati il tavolo da gioco sul quale avevano puntato le carte (globalizzazione, delocalizzazione, più finanza e meno industria, tubo del gas a manetta con la Russia, “lavoro cinese” e manodopera da immigrazione senza controllo, export americano a basso costo e massimo profitto, difesa pagata dagli Yankees, welfare come oppio di Stato). Il banco è saltato perché la Cina ha cominciato a dispiegare a un’economia “autarchica” nella gestione delle materie prime e della produzione (è la politica di Xi Jinping partita durante il Covid), mentre gli Stati Uniti con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca hanno accelerato la svolta protezionista che lo stesso Biden aveva inseguito, ma continuando a alimentare il rosso della bilancia commerciale, facendo esplodere il debito e lasciando irrisolto il problema del reddito della middle class.

La Bella Addormentata Europa è rimasta intrappolata nella marcia dei giganti, immobile, reclama diritti che non ha, posti che non può avere, fa promesse che non può mantenere. La vecchia regola del giornalismo, «follow the money», è sempre la pista migliore. Seguire i soldi significa informarsi sulle idee di chi compra e vende, ascoltare il mercato. Secondo gli analisti del fondo di investimento Bridgewater siamo di fronte a tre fattori: 1. Un nuovo paradigma geopolitico e macroeconomico; 2. Una minaccia per gli investimenti concentrati negli Stati Uniti; 3. Una rivoluzione tecnologica che si verifica una sola volta in una generazione.


In questo nuovo mondo, al timone ci sono i governi con il loro neo -mercantilismo, la Cina ha aperto la corsa aumentando la quantità e qualità della produzione (pensate alle automobili, alle telecomunicazioni e al digitale), l’Occidente ha reagito per difendersi e ora, con gli Stati Uniti, cerca una strategia offensiva (dove l’Europa è preda e non predatore). Secondo Bridgewater la Casa Bianca sta mettendo in campo «una delle più grandi espansioni di potere esecutivo mai viste per orchestrare l’economia». Sono cose che abbiamo già scritto su Libero e vanno ripetute, a futura memoria: Trump mira alla riduzione del deficit commerciale, punta sulle debolezze dei partner e sulla loro dipendenza dal mercato americano, la sicurezza nazionale è una forza trainante della politica industriale e non si limita a muovere la leva del Pentagono, coinvolge tutto il settore delle Big Tech americane (per sapere, per capire, consiglio la lettura di “The Technological Republic”, il libro di Alexander Karp, fondatore di Palantir). Mentre gli europei parlano di “multilateralismo”, gli Stati Uniti hanno affondato il Wto (l’Organizzazione mondiale del commercio), svuotato il G7 e il G20, fatto il funerale all’Onu (che si era già suicidata consegnandosi ai tagliatori di teste), allineato la Nato e preparato il terreno per un cambio alla Federal Reserve dove il recente ingresso di Stephen Miran (il capo del consiglio degli economisti della Casa Bianca, l’architetto dei dazi) è solo l’antipasto di quel che accadrà con le politiche monetarie americane.

Il “vai e vieni” di Trump sui dazi ha messo i mercati a dura prova, i trader si sono trovati di fronte a un “fatto nuovo”, il ritorno del primato della politica. Gli economisti hanno dipinto Trump come un “matto” e ancora una volta perso un’occasione per dare un’occhiata alla realtà: c’è lui al timone, Wall Street sta correndo verso nuovi massimi, la tariffa media dei dazi oggi è al 13% (la più alta da decenni) e i negoziati uno a uno portano a nuovi accordi, Trump ha portato la Apple guidata da Tim Cook sul suo campo da gioco, ha aperto il bancomat di Nvidia e Amd che dovranno versare agli Stati Uniti il 15% sulle vendite dei microchip per l’Intelligenza Artificiale alla Cina che guarda caso proprio ieri ha avuto l’estensione per altri 90 giorni della moratoria sui dazi, mentre lunedì il numero uno di Intel (l’altro gigante americano dei microprocessori) sarà alla Casa Bianca. Senza una politica economica coordinata (che non può più essere il pilota automatico che traccia la rotta dagli anni Novanta) l’Europa finirà per vedere spazzati via interi settori industriali.

Senza gli Stati Uniti, la domanda dell’economia europea s’affloscia, con gli Stati Uniti paga un prezzo che impone un cambiamento di paradigma. In mezzo a questo tornado economico, la Casa Bianca sta disegnando una nuova mappa del Medio Oriente in pieno accordo con i Sauditi, le petro-monarchie del Golfo e Israele, mentre a Ferragosto il presidente americano incontrerà Vladimir Putin per tentare di aprire un negoziato sulla guerra in Ucraina, un vertice in Alaska dove il testacoda è possibile e ad alto rischio per l’Unione europea che chiede un posto a tavola sulla partita di Kiev, ma non ha ancora realizzato che sul menù, c’è proprio il Vecchio Continente. Il presente non è un pranzo di gala, per la Bella Addormentata non ci sono servitori con i guanti bianchi e il Settimo Cavalleggeri arriva solo pagando la fattura.