Era difficile immaginare un inizio peggiore per Sébastien Lecornu, il nuovo primo ministro francese. Dopo il sondaggio dell’istituto Toluna-Harris Interactive, secondo cui soltanto il 34% dei francesi ha fiducia nell’ex ministro della Difesa come capo di governo, il peggior risultato di sempre per un premier appena insediato, venerdì sera è arrivata la batosta di Fitch, l’agenzia di rating che ha declassato il debito francese da AA- con outlook negativo a A+ con outlook stabile. Fitch stima che il rating della Francia continuerà a aumentare raggiungendo il 121% del Pil nel 2027 dal 113,2% del 2024 e sottolinea che il «crescente indebitamento pubblico limita la capacità di rispondere a nuovi choc senza un ulteriore deterioramento delle finanze pubbliche». Oltre al debito pubblico, esploso durante i due quinquenni macroniani a più di 3.400 miliardi di euro, è l’instabilità politica a preoccupare l’agenzia di rating. «La sconfitta del governo al voto di fiducia illustra la crescente frammentazione e polarizzazione della politica interna. Dalle elezioni legislative del 2024, la Francia ha avuto tre governi diversi. Questa instabilità indebolisce la capacità del sistema politico di realizzare un sostanziale risanamento di bilancio e rende improbabile che il deficit possa scendere sotto il 3% del Pil entro il 2029», mette in evidenza Fitch.
Il percorso di ristrutturazione del bilancio appare quindi «incerto», secondo l’agenzia di rating. Che prevede un deficit del 5,5% per quest’anno, mentre la media Ue è del 2,7 e quella dei Paesi con rating A del 2,9. Le rigidità fiscali francesi rendono complesso il risanamento delle finanze: la pressione fiscale è pari al 45,6% del Pil, contro una media Ue del 40, e le spese sociali sono pari al 32% del Pil, contro una media Ue del 26. In una nota, il ministro dell’Economia francese, Éric Lombard, si è limitato a prendere a «prendere atto» della decisione, aggiungendo che «il nuovo primo ministro ha già avviato le consultazioni con le forze politiche rappresentate in Parlamento al fine di approvare una legge di bilancio che consenta di proseguire gli sforzi volti al risanamento delle nostre finanze pubbliche». Bruno Retailleau, ministro dell’Interno e presidente dei Républicains, il partito gollista, non si è invece limitato a prendere atto: ha puntato il dito contro «gli ingegneri del caos» che hanno prodotto questa situazione, riprendendo il titolo di un celebre libro dell’intellettuale italiano Giuliano da Empoli. «Il declassamento del rating della Francia è una sanzione non solo per l’instabilità cronica voluta dagli ingegneri del caos, ma anche per decenni di vagabondaggio fiscale e politiche social-stataliste», ha reagito ieri su X Retailleau. Che, quando parla di «ingegneri del caos», si riferisce alle due estremità dell’Assemblea nazionale, alla France insoumise, il partito della sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon, e al Rassemblement national, la destra sovranista di Marine Le Pen. Nel suo commento, il titolare degli Interni ha attaccato anche il Partito socialista e la sua proposta di manovra finanziaria che prevede una supertassa annuale del 2% sui patrimoni superiori ai 100 milioni di euro. «È urgente raddrizzare la barra. Ciò che propongono i socialisti non farà che peggiorare le cose», ha scritto il ministro dell’Interno.
E lo ha fatto nel giorno in cui Lecornu, che cerca una sponda con i socialisti, gli ecologisti e i comunisti per allargare la sua base all’Assemblea nazionale, ha annunciato in un’intervista alla stampa regionale il ritiro di una misura fortemente contestata del piano di bilancio per il 2026 proposto dal suo predecessore François Bayrou: la soppressione di due giorni festivi, il lunedì di Pasqua e l’8 maggio, giorno in cui si celebra la fine della Seconda guerra mondiale. «Ho deciso di ritirare la soppressione dei due giorni festivi», ha dichiarato ieri Lecornu, prima di aggiungere: «Voglio un dibattito parlamentare moderno e franco, di alto livello con il Partito socialista, i Verdi e il Partito comunista. Questa sinistra repubblicana, di cui conosciamo i valori, deve emanciparsi dalla France insoumise, che si esclude dalle discussioni e preferisce il disordine». Lecornu, che si è detto contrario a «un accordo politico con il Rassemblement national», ha teso una mano alla sinistra anche sulla tassazione delle grandi fortune: «Ci sono questioni di giustizia fiscale, di ripartizione degli sforzi e bisogna lavorarci senza ideologie, io sono pronto». Un’altra intervista ieri ha fatto rumore: quella di Patrick Martin, presidente del Medef, la Confindustria francese. «Se aumenteranno le tasse, ci sarà una grande mobilitazione degli imprenditori», ha minacciato sul Parisien. In seguito al declassamento di Fitch, ha alzato la voce anche Marine Le Pen, criticando su X «l’incompetenza tossica» del macronismo che ha «rovinato la Francia». La leader sovranista ha aggiunto che la Francia «non ha più tempo da perdere con politici prigionieri della propria codardia, che non hanno altro da proporre se non un massacro fiscale, il sacrificio delle conquiste sociali e tagli drastici per ripianare la loro incuria in materia di bilancio».