Chissà cosa penserebbe Santiago Carrillo, lo storico segretario del Partito comunista spagnolo protagonista degli anni della Transizione dal franchismo alla democrazia, dei progressisti di oggi. Lui, tornato dall’esilio dopo la morte di Francisco Franco, che accettò di scrivere con i rivali conservatori la Costituzione del 1978. Lui che siglò quel patto non scritto, el pacto del olvido, il patto dell’oblìo, in nome del quale la nuovissima e fragile democrazia spagnola scelse di dimenticare il passato a favore del futuro.
Oggi, a cinquant’anni dalla morte del Generalissimo - 20 novembre 1975 -, il presidente del governo Pedro Sánchez e i suoi alleati della sinistra radicale hanno deciso di continuare ad agitare lo spettro del Caudillo per provare a tamponare l’emorragia dei consensi del Pse, dello stesso premier e delle forze della maggioranza. Sánchez ieri si è limitato a un laconico post su X e a un editoriale per El Diario, per celebrare «la libertà e la prosperità» conquistata dopo la dittatura.
La Spagna ha celebrato senza clamore apparente la ricorrenza della morte di Franco: in Parlamento ci sono stati due eventi per sottolineare la forza della democrazia. Ma Ernest Urtasun Domènech, ministro della Cultura, esponente di Sumar - il cartello della sinistra radicale creato da Yolanda Diaz, una delle vice di Sánchez ha attaccato i rivali del Partito popolare, Pp, affermando che si tratta di una «destra postfranchista che non ha superato i suoi legami con la dittatura».
PATTO VIOLATO
Se Sánchez a parole è stato istituzionalmente corretto, ai limiti della banalità, non lo sono i suoi atti politici, che rompono quel pacto del olvido già intaccato in passato da uno dei suoi predecessori socialisti, José Luis Zapatero. In vertiginoso calo di popolarità (meno quindici punti in due anni), con il suo Psoe staccato dai rivali popolari, a seconda dei sondaggi, di cinque o sei punti - con una proiezione di 40 seggi guadagnati dal Pp di Alberto Núñez Feijóo-, Sánchez ha iniziato a fare quello che in Italia di solito fanno i suoi “cugini” politici del Pd e di Avs con il “pericolo fascismo”: ha iniziato a perseguitare il fantasma di Franco. E certo la motivazione non può essere quel manipolo di nostalgici che ieri si sono recati al cimitero di Mingorrubio-El Pardo per rendere omaggio alla tomba del Caudillo.
Ecco, proprio la traslazione dei resti di Franco dal Valle de los Caídos al camposanto municipale che si trova nella periferia nord di Madrid, avvenuta nel 2019 su decisione del governo Sánchez, mostra quanto i socialisti spagnoli abbiano investito nella “lotta allo spettro” del Generalissimo. Un trasferimento propedeutico all’abbattimento - per fortuna solo simbolico, al momento - di un altro dei simboli del franchismo: il gigantesco complesso monumentale edificato tra il 1940 e il 1958 nel municipio di San Lorenzo de El Escorial. Ribattezzato Valle de Cuelgamuros- altro colpo alla memoria e al “patto del silenzio” - è destinato a subire una trasformazione: fatto salvo il diritto di culto e la permanenza della comunità benedettina della basilica, l’esecutivo progressista ha deciso di affidare a una gara internazionale il destino degli spazi non liturgici come il vestibolo, l’atrio e la cupola.
Poi c’è la Fondazione Franco, con la quale il ministero della Cultura e Urtasun hanno evidentemente un conto in sospeso. Il governo, infatti, a fine ottobre ha avviato l’iter per lo scioglimento dell’associazione che custodisce l’archivio storico dell’ex capo dello Stato, accusata di fare «apologia di dittatura». Procedimento al quale la Fondazione ha risposto con una nota nella quale ha rinfacciato al «governo social-comunista» di agire per coprire «i più gravi sospetti di corruzione» e per spirito vendicativo in occasione del cinquantenario della morte di Franco: «Mancano le fondamenta di una simile misura liberticida». Sarà battaglia legale.
LA PROMESSA DI PEDRO
Ma Urtasun non si è perso d’animo: giusto ieri ha annunciato un causa in tribunale per sequestrare l’archivio del Caudillo: «I documenti sono di dominio pubblico e devono essere accessibili ai ricercatori e agli storici che studiano le torture e le morti». Quello di Franco è un fantasma da inseguire ovunque. E qui si torna a Sánchez, che ha promesso per fine novembre la pubblicazione di una lista ufficiale di simboli riconducibili al Generale che dovranno essere rimossi dagli spazi pubblici (statue, lapidi, iscrizioni). Ne esisterebbero, hanno fatto i conti gli attivisti di Debería Desaparecer (“Dovrebbe scomparire”), ancora più di 6mila. A cinquant’anni dalla sua morte, la caccia al Caudillo è più viva che mai.