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Machado, il Premio Nobel per la pace è una sentenza per Maduro

Il discorso di Maria Corina Machado letto a Oslo dalla figlia. Il regime si vendica sulla Chiesa: un cardinale fermato all’aeroporto di Maiquetía
di Maurizio Stefanini giovedì 11 dicembre 2025

4' di lettura

Obbligata a vivere in clandestinità in Venezuela dall’agosto 2024, dopo che il regime di Nicolás Maduro aveva intensificato i mandati di arresto contro i membri del suo movimento politico, ieri María Corina Machado non è riuscita a raggiungere in tempo Oslo per la cerimonia del conferimento del Nobel per la Pace. Ma ha fatto comunque sapere che è in viaggio, e il premio lo ha comunque ritirato la figlia, la 34enne Ana Corina Sosa Machado.

Oltre alla sua situazione personale, dal Venezuela stanno partendo sempre meno aerei, da quando varie compagnie aeree hanno sospeso i voli in seguito all’intimazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump sul blocco dello spazio aereo, e alla rappresaglia di Maduro sulle stesse compagne aeree. Vi è rimasto “incastrato” anche il cardinale Baltazar Porras, arcivescovo emerito di Caracas, bloccato all’aeroporto internazionale di Maiquetía, lo scalo della capitale, da dove stava per decollare verso la Spagna, facendo scalo in Colombia. «Gli è stato ritirato il passaporto, e gli è stato ordinato di tornare alla sua abitazione», riferisce l’agenzia Sir.

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VIAGGIO VERSO CURAÇAO
A cerimonia del Nobel già conclusa si è saputo che Machado era partita via mare martedì verso Curaçao. Troppo tardi per l’annunciata - e poi annullata - conferenza stampa a Oslo. Forse un depistaggio. «Purtroppo non è ancora in Norvegia e non salirà sul palco del Municipio», aveva ammesso Kristian Berg Harpviken, direttore dell’Istituto Nobel. «La stessa María Corina Machado ha dichiarato quanto sia difficile per lei venire in Norvegia. La sicurezza di María Corina aveva la precedenza su tutto il resto», aveva spiegato un rappresentante dell’opposizione venezuelana, giunto a Oslo per la cerimonia di premiazione. Ma, oltre a confermarne l’arrivo, il team della Machado aveva anche smentito l’idea che una volta uscita potesse restare all’estero. «Come possiamo pensare che María Corina non tornerà e rimarrà in esilio? Non è vero. È come dire a una madre di smettere di amare i suoi figli», ha scritto Magalli Meda, ex portavoce della campagna elettorale, su X.

Machado ha comunque scritto un discorso, letto dalla figlia dopo il durissimo intervento in cui il Presidente del Comitato Nobel Jørgen Watne Frydnes ha chiesto a Maduro di dimettersi e ha denunciato i suoi legami con Russia, Cina, Cuba, Iran e i terroristi di Hezbollah, che hanno reso il regi«Sono venuta a raccontarvi una storia, la storia di un popolo e della sua lunga marcia verso la libertà. Questa marcia mi porta qui oggi, come una voce tra milioni di venezuelani che si sono ribellati ancora una volta per rivendicare il destino che è sempre appartenuto loro», ha esordito la leader dell’opposizione venezuelana, ricordando poi la storia del Paese che nel 1811 ebbe la prima costituzione repubblicana del mondo ispanico. «Il Venezuela è nato dall’audacia, plasmato dalla fusione di popoli e culture. Dalla Spagna abbiamo ereditato una lingua, una fede e una cultura che si intrecciano con le nostre radici ancestrali indigene e africane», ha ricordato. «Lì abbiamo affermato un’idea radicale: che ogni essere umano possiede una dignità sovrana. Quella costituzione sanciva la cittadinanza, i diritti individuali, la libertà religiosa e la separazione dei poteri».

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REPRESSIONE A CARACAS
Un excursus in cui si collocano i momenti di prosperità e apertura in cui, durante il XX secolo, il Venezuela divenne rifugio per «migranti ed esuli da ogni angolo del mondo». Ma lo stesso Venezuela è poi diventato un terribile esempio di cosa può avvenire anche nella «democrazia più forte, quando i suoi cittadini dimenticano che la libertà non è qualcosa che dovremmo aspettare, ma qualcosa che dobbiamo realizzare». Autoritarismo a parte, «l’economia è crollata di oltre l’80%, la povertà ha superato l'86% e nove milioni di venezuelani sono stati costretti a fuggire. Questi non sono solo numeri; sono ferite aperte».

Ha poi ricordato la lotta, la vittoria alle elezioni del 2024, lo scippo del risultato e la successiva repressione. «2.500 persone sono state rapite, fatte sparire o torturate», mentre «più di 220 adolescenti detenuti dopo le elezioni sono stati sottoposti a scosse elettriche, picchiati e soffocati fino a quando non sono stati costretti a dire la bugia che il regime aveva bisogno di diffondere: che li avevo pagati per protestare». Attualmente «donne e ragazze adolescenti imprigionate nel Paese continuano a essere sottoposte a schiavitù sessuale, costrette a subire abusi in cambio di una visita familiare, di un pasto o del semplice diritto di lavarsi».

Ma «durante questi sedici mesi di clandestinità, abbiamo costruito nuove reti di pressione civica e disobbedienza disciplinata, preparandoci a una transizione ordinata verso la democrazia. La libertà si conquista ogni giorno, nella misura in cui siamo disposti a lottare per essa». È la visione per il futuro di Machado, che rende omaggio a chi ha sostenuto lo sforzo per riconquistare la democrazia: «Il Venezuela respirerà di nuovo». Il riconoscimento è stato dedicato ai protagonisti anonimi della resistenza.

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