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Vaccini e Pfizer, "roba che scotta": qua viene giù l'Unione Europea

Carlo Nicolato
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Si chiama "Eppo" l'organismo europeo che ha confermato venerdì di aver aperto un'indagine sugli acquisti di vaccino contro il coronavirus da parte dell'Unione Europea. Pochi per la verità ne conoscevano l'esistenza al di fuori di Bruxelles e il Lussemburgo, dove ha sede, anche perché la sua attività è iniziata solo nella primavera dello scorso anno, dopo lustri di limbo, annunciata da un tweet della presidente della Commissione che sottolineava come il nuovo consesso avrà il compito di «osservare con attenzione la sana gestione dei fondi dell'Ue».

Dopo appena un anno e mezzo la stessa Von der Leyen rischia di essere la prima indagata eccellente di tali procuratori per la gestione dei fondi utilizzati per comprare i vaccini, anche se ovviamente l'Eppo ha subito chiarito che in «in questa fase non verranno resi pubblici ulteriori dettagli». La Von der Leyen ha già avuto due richiami, dall'Ombudsman prima e dalla Corte dei Conti poi, relativi alla trattativa che ha portato al contratto con la Pfizer per 1,8 miliardi di dosi, pari a 35 miliardi di euro. L'oggetto delle attenzioni dei due organismi sono i famosi sms che la presidente e l'ad della casa farmaceutica Usa Albert Bourla si sarebbero scambiati durante la fase preliminare, e poi spariti nel nulla, ovvero cancellati in quanto «ritenuti importanti». Una mera questione di prassi violata? Abuso di potere? O piuttosto c'è sotto un'inconfessabile questione politica tale per cui la Eppo è stata per così dire "costretta" ad aprire un'indagine per mandare un messaggio al manovratore?

 


 

DITTATORIALE - Da oltre tre anni al potere l'attuale presidente della Commissione ha dovuto prendere decisioni che nessuno dei suoi predecessori ha dovuto nemmeno mai lontanamente affrontare, ma lo ha fatto in modo da crearsi parecchi nemici nelle altre istituzioni europee, al Consiglio in primis, nelle capitali e perfino nella Commissione. Per il suo modo di prenderle, poco democratico, e per le decisioni stesse prese, scavalcando spesso il parere degli altri commissari, quando (non sempre) interpellati, e fregandosene di studi di settore o pareri scientifici, come quando ad esempio ha lanciato quello che avrebbe dovuto essere il fiore all'occhiello del suo mandato, il green deal, che in realtà si sta trasformando in un boomerang. O approfittando delle "disattenzioni" politiche altrui, come nel caso delle sanzioni, decise il più delle volte senza discuterne prima con i capi di capi di Stato o quando gli stessi erano impegnati in momenti difficili, vedi Macron e la campagna per la sua rielezione. Si dice che in questo senso paradossalmente la Von der Leyen sia decisamente benvoluta a Washington. I maligni sostengono si sia piuttosto azzerbinata a Biden, sacrificando gli interessi europei. È interessante notare che Ursula si sia affrettata a congratularsi con Biden ad agosto, in un tweet a tarda notte, quando il presidente Usa ha firmato l'Inflation Reduction Act, nonostante la manovra venga considerata protezionista e dannosa per gli interessi europei. La tensione con il collegio dei commissari invece è esplosa quando a giugno ha deciso di dare il via libera all'esborso dei fondi di risanamento alla Polonia, nonostante le preoccupazioni di una maggioranza di loro per gli abusi sulla magistratura da parte di Varsavia. E anche in questo caso la decisione sembrava dettata da Washington.

 

 

MACRON E RUTTE - Tutto ciò non piace alla Francia, ma neppure ai Paesi Bassi il cui premier, Mark Rutte, era entrato in rotta di collisione con la presidente della Commissione quando da un giorno con l'altro aveva deciso di sanzionare il petrolio russo. Perfino dalla Merkel era stata bacchettata sul salvataggio da 2000 miliardi per il Covid. «Non dimenticare di parlare con noi», disse l'allora cancelliera tedesca alla sua ex protetta. Salvo poi far infuriare l'Italia e ancora la Francia per aver assecondato il pacchetto da 200 miliardi varato dal suo Paese per salvarsi dalla crisi del gas. A Palazzo Berlaymont dicono che «non si fida di nessuno» e che «vive in una torre». Anche materialmente, non solo in senso politico, se si pensa che dorme al 13° piano dello stesso palazzo nel suo ufficio dove un ex bagno è stato convertito in camera da letto. 

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