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Meloni convince l'Europa: "Missione a Tunisi" per bloccare gli sbarchi

Carlo Nicolato
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«È stato un incontro molto lungo, un confronto molto ampio. C’è voglia di collaborare su materie che sono di importanza strategica da parte della Francia e dell'Italia, come la questione migratoria» ha detto il premier Giorgia Meloni a proposito del faccia faccia avuto con il presidente francese Macron in albergo, dopo il Consiglio europeo di giovedì. Un incontro avvenuto in «un clima molto produttivo e favorevole», che fuga ogni sospetto di rottura tra Francia e Italia e che pone le basi per una politica comune sull’immigrazione, ovvero il tema che in passato ha provocato i maggiori attriti tra i due Paesi.

 

 

 

Il presidente del Consiglio italiano si presentato a Bruxelles avvertendo che la situazione in Tunisia rischia di diventare esplosiva, non solo per il Paese in sé, ma anche per l’Europa e in particolare l’Italia sulle cui coste si stima possano riversarsi un numero di immigrati mai visto prima. «Se crolla la Tunisia c'è il rischio che arrivino 900.000 rifugiati, in estate la situazione potrebbe essere fuori controllo» ha detto la Meloni che cita a grandi linee un report dei nostri servizi segreti riguardante i possibili arrivi da tutte le coste africane.

 

 

 

Un numero che si basa anche su un recente sondaggio governativo secondo cui il 65% dei tunisini, ovvero 7,5 milioni di persone, ha dichiarato di voler emigrare. Ai tunisini si devono poi aggiungere gli altri africani, specie quelli provenienti dai Paesi subsahariani, che raggiungono le coste del Mediterraneo nel tentativo di approdare in Europa. Si parla di 680 mila immigrati solo in Libia e di un numero imprecisato in Tunisia contro i quali il presidente Saied ha lanciato una campagna di odio additandoli a concausa della crisi e dichiarandoli perfino responsabili di un tentativo di «sostituzione etnica». Atteggiamenti che potrebbero accelerare i tentativi di tali migranti di raggiungere l’Europa attraverso le vicinissime coste italiane. Senza dimenticare, ha fatto notare il ministro degli Esteri Antonio Tajani, il pericolo dei jihadisti. Meloni spinge perché venga approvato l’accordo che il governo di Tunisi aveva raggiunto lo scorso autunno con l’Fmi per un prestito da 1,9 miliardi in 48 mesi attraverso l’Extended Fund Facility e che si era poi arenato dopo le proteste di piazza dei cittadini che non volevano sottostare alla serie di riforme lacrime e sangue previste dallo stesso.

 

 

 

 

GENTILONI E PIANTEDOSI

Ovviamente l’accordo deve essere rinegoziato su basi diverse con l'intervento dell’Ue, ed è su questo punto che evidentemente Italia e Francia concordano in particolare, prevedendo una serie di interventi congiunti di missioni. La più importante dovrebbe tenersi entro fine aprile con la partecipazione del ministro dell’Interno italiano Piantedosi, di quello francese Gerald Darmanin e probabilmente anche della commissaria Ue agli Interni, Ylva Johansson. L’apripista di questa di viaggi sarà però il Commissario europeo per l’Economia Paolo Gentiloni che lunedì prossimo sarà a Tunisi da Saied. A seguire, probabilmente, toccherà al riluttante Alto commissario per gli Affari esteri, Josep Borrell, secondo cui la responsabilità di quanto sta accadendo è proprio del presidente che «non ha rispettato l’accordo». Per Tajani invece il supporto a Tunisi deve arrivare su diversi livelli: se l’Italia «fornirà circa 110 milioni di euro al bilancio e alle piccole e medie imprese della Tunisia attraverso l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics)», anche l’Europa e il Fondo Monetario Internazionale «devono fare la loro parte». Il ministro ha proposto in particolare che il finanziamento internazionale sia sbloccato in diverse tranche, «man mano che vengono fatte le riforme».

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