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Ue paralizzata dal virus micidiale del "regolismo": l'unica speranza è il voto

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Bandiera europea  

Corrado Ocone
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Nella sua audizione alla Commissione Bilancio della Camera, Giancarlo Giorgetti non si è limitato a definire un «compromesso» il nuovo Patto di stabilità e crescita firmato a Bruxelles dai Paesi dell’Unione Europea. Egli ha anche affermato che, col Patto, si è «creato un sistema di regole complicato». Non è un’affermazione da prendere alla leggera, anche se fatta quasi en passant. Quello della “complicazione” è infatti da considerarsi un tratto distintivo dell’Europa politica fin dal momento della sua nascita. Una caratteristica che spiega forse più di ogni altra l’impasse e la crisi in cui l’Unione versa oggi. Spesso gli europeisti dogmatici e fideisti esaltano l’Europa, contrapponendola ad esempio agli Stati Uniti, proprio come la “patria della regole”.

Non si rendono purtroppo conto che la bulimia regolatrice, tentando di ingabbiare e disciplinare oltre il lecito l’energia e la creatività umana, mette in scacco in maniera evidente proprio quegli elementi che hanno reso grande nei secoli passati l’Occidente. E che sono alla base del progresso materiale e civile i cui effetti si sono tutto sommato diffusi nel tempo da questa parte di mondo all’intero globo.

 

 

 

ROMPERE GLI SCHEMI

La società umana avanza infatti, anche economicamente, solo se c’è qualcuno che ha il coraggio, ad un certo punto, di rompere gli schemi prefissati e le abitudini consolidate, mettendo in crisi quei rapporti codificati in regole troppo rigide e pervasive. Detto altrimenti, il rapporto tra vita e regole, libertà e legge, deve costituire sempre una tensione, non deve cioè mai sacrificare un polo a discapito dell’altro, come purtroppo avviene nella legislazione comunitaria. A volte il tentativo dell’Unione ha del patetico, assomiglia alla lotta di don Chisciotte contro i mulini a vento. Nel mentre, ad esempio, si metteva su, attraverso un laborioso lavoro, l’impalcatura giuridica che dovrebbe regolare l’Intelligenza Artificiale, quest’ultima aveva fatto tanti progressi da rendere obsolete già alcune di quelle regole.

VIRUS SOCIALISTA

Sarebbe però un errore pensare che il regolismo sia solo un freno allo sviluppo umano e alla libertà. Esso ha anche un significato politico. Esso ci fa capire come la mentalità socialista, pur apparentemente sconfitta dalla storia, abbia finito per permeare il nostro intelletto più di quanto possiamo immaginare. È un caso che appena si affacci un qualsiasi problema sociale, in noi scatti come riflesso automatico la richiesta di una nuova legge? Spesso lo Stato risponde a questa nostra richiesta con delle affermative actions che contraddicono quell’universalità del diritto così faticosamente conquistata in età moderna e che è sicuramente un indice di civiltà. Azioni che spesso non risolvono affatto i problemi, ma ne creano altri ed ulteriori.

Il filosofo inglese Michail Okeshott ha messo in guardia, nella più parte dei suoi scritti, contro l’effetto deleterio che ha, soprattutto quando è portato agli estremi, questo progressivo processo di razionalizzazione. Ordinare e normare la società, la politica, l’economia, comprimere le anarchiche spinte vitali degli individui oltre ad una certa misura, fosse pure con le migliori intenzioni, è, in qualche modo, la via maestra verso regimi illiberali e poco dinamici.

 

 

 

STANDARDIZZAZIONE

Il fatto è che l’Europa, soprattutto con il passare del tempo, ha preso sempre più le sembianze di una vera e propria macchina razionalizzatrice. In questo contesto si situa anche la voglia di standardizzare e rendere omogenea ogni diversità, contraddicendo proprio quella varietà e diversità interna che ha sempre contraddistinto e reso vitale il nostro continente. L’unica speranza di “salvezza” è risposta negli elettori europei che dovranno ridisegnare, da qui a qualche mese, i nuovi equilibri politici del continente. L’auspicio è che, immettendo aria fresca nelle asfittiche stanze bruxellesi, ci si possa rendere finalmente conto che non è sulle regole ma sulla libertà che si potrà poco alla volta rinforzare l’identità comune. 

 

 

 

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