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Viktor Orban, l'audio che lo imbarazza: pioggia di veleni in Europa

Carlo Nicolato
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Tenetevi forte, la campagna elettorale europea è iniziata, la destra è favorita e la sinistra butta in campo la sua artiglieria: le procure. Prima vittima, Ursula von der Leyen, la cui ambizione di rimanere alla guida della Commissione grazie all’alleanza con alcuni partiti di destra potrebbe essere frustrata dal sospetto ritorno di fiamma della spinosa questione degli sms scambiati con il Ceo di Pfizer. Fintanto insomma che nessuno aveva interesse a farla cadere lo scandalo era rimasto sottotraccia, roba al più da ombudsman (difensore civico) europeo, ma ora che mancano un paio di mesi alle elezioni e sette alla fine del mandato dell’attuale Commissione, entrano in campo le procure. 

Un tempismo sospetto che grava anche sull’indagine aperta in Repubblica Ceca sulle presunte mazzette del Cremlino a politici e partiti europei attraverso un sito di informazione, o su quella spuntata dal nulla in Ungheria che inchioda il premier Orbán sulla base di una registrazione messa in giro da un personaggio già diventato una star in Ungheria, Peter Magyar.

 

È stato lui stesso a recarsi personalmente alla procura martedì scorso con decine di telecamere al seguito e migliaia di sostenitori fuori dall’edificio. La registrazione, che è stata fatta l’anno scorso e dura due minuti, contiene parte di una conversazione in cui l’ex moglie, nonché ministro della Giustizia dimissionario, Judit Varga, afferma che alcuni ambienti del governo potrebbero aver interferito nell’indagine su un caso di tangenti riguardanti il sottosegretario alla Giustizia Pál Völner. Magyar non ha perso tempo, dimessosi da Fidesz (il partito di Orbán) ha già fondato il suo partito, Talpra Magyarok (“Ungheresi in piedi”), ora accreditato dai sondaggi di un bel 13%.

Delle accuse alla von der Leyen si stava occupando con molta calma la procura di Liegi, dopo che il Frédéric Baldan, lobbista con legami con il gruppo scettico sui vaccini Bon Sens, aveva presentato una denuncia accusando la presidente della Commissione di «interferenza in funzioni pubbliche, distruzione di sms, corruzione e conflitto di interessi». Tutte le accuse erano riconducibili al fatto che von der Leyen avesse trattato con Albert Bourla, a.d. della Pfizer, tramite sms su una quantità di dosi di vaccini spropositata. A tale denuncia era seguita quella dei governi ungherese e polacco, ma è solo da un paio di mesi che la Procura europea ha preso in mano la pratica. Quella che dunque sembrava solo la denuncia di un singolo, o la vendetta di un paio di governi ai quali erano stati sospesi i finanziamenti per vicende che non c’entrano nulla coi vaccini, è diventata un’indagine della procura che si occupa di crimini finanziari paneuropei e che potrebbe proseguire con il sequestro di tmateriale rilevante. 

 

La procura potrebbe ottenere quegli sms che la Commissione si è sempre rifiutata di fornire, e di cui in qualche caso ha perfino negato l’esistenza, nonostante le richieste della mediatrice europea Emily O’Reilly. Che tutta la vicenda sia politica lo dimostra anche il fatto che la Polonia abbia annunciato di voler ritirare le accuse, caso strano proprio dopo la caduta del vecchio governo di destra al quale la Ue aveva tolto i finanziamenti, e l’arrivo al governo di Tusk che fa parte egli stesso del gruppo della Von der Leyen, il Ppe.

Puzza altresì di inchiesta a orologeria anche l’indagine aperta dalla procura della Repubblica Ceca sul sito di informazione Voice of Europe che sarebbe stato usato come strumento di propaganda dal Cremlino e soprattutto per finanziare alcuni parlamentari e partiti europei. «È venuto alla luce che la Russia si è avvicinata agli eurodeputati, ma li ha anche pagati, per promuovere la sua propaganda» ha detto il premier belga Alexander De Croo, liberale fiammingo alleato in Ue con Macron.

L’inchiesta è stata subito enfaticamente battezzata “Russiagate” e i presunti indagati sarebbero ovviamente partiti e politici di destra sospettati di essere stati pagati per le interviste rilasciate al sito. Un’indagine, per quanto ne sappiamo finora, basata sul nulla, solo supposizioni e teorie fondate sul presupposto che tale sito fosse contrario alle politiche Ue, in particolare quelle di appoggio all’Ucraina. «Ora è necessaria un’indagine interna completa e trasparente da parte del presidente del Parlamento europeo», ha detto Valérie Hayer, presidente del gruppo Renew Europe, sempre quello di Macron.

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