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Giorgia Meloni, sette giorni di cruciali: come si gioca la partita in Ue

Brunella Bolloli
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Domani Giorgia Meloni riceve Victor Orbàn a Palazzo Chigi, martedì a Bruxelles si riuniscono i socialisti europei; mercoledì tocca a Renew e ai Conservatori. Ma è giovedì, giorno in cui è in calendario il vertice Ue dei capi di Stato e di governo al quale parteciperà la nostra presidente del Consiglio, che si preannuncia la novità della settimana: la costituzione di un nuovo gruppo parlamentare ribattezzato “I Sovranisti”. I partecipanti sono convocati dai tedeschi AfD, quelli da cui la leader di Ressemblement national, Marine Le Pen, ha preso le distanze. Per formare un proprio gruppo all’Europarlamento sono necessari almeno 23 deputati provenienti da sette paesi e il partito tedesco, nell’emiciclo di Strasburgo, ha solo 15 seggi. Sugli altri membri è ancora mistero, sebbene alcune tracce portino ai cechi appena usciti da Renew, agli ungheresi di Fidesz, allo Smer del premier slovacco Robert Fico e agli sloveni dell’ex premier Janez Jansa.

Quale è l’obiettivo di una formazione “sovranista”? Mettere in difficoltà il Partito popolare europeo, uscito vincitore dalle elezioni dell’8 e 9 giugno e in predicato di confermare la presidenza della Commissione con Ursula von der Leyen. Ma proprio qui sta il nodo: la rielezione della tedesca lanciata per il primo mandato dalla cancelliera Angela Merkel quando la Germania era ancora in vetta e a Bruxelles dava le carte con la Francia di Emmanuel Macron. Oggi, invece, si assiste a un altro film e l’inquilino dell’Eliseo è alle prese con la crisi dei consensi in patria. Il 30 giugno i francesi voteranno e questo appuntamento si intreccia, inevitabilmente, con la partita delle nomine Ue.

 

Dunque, a leggere il settimanale Der Spiegel, la nuova formazione per cui AfD ha prenotato una sala giovedì mattina «potrebbe influenzare l’Ue e la campagna elettorale francese». In quanto a una riconferma di von der Leyen alla Commissione, la settimana è densa di incontri proprio perché socialisti e liberali vorrebbero trattare nell’ambito di una logica “a pacchetto” che comprende, oltre a un Ursula bis, anche il Consiglio europeo, l’Europarlamento e la scelta dell’Alto Rappresentante per gli Affari esteri e la sicurezza. Alcune caselle sembrano già “appaltate”, sulle altre i negoziati procedono a oltranza e non è detto che lo Spitzenkandidat sia poi davvero quello vincente. Tanto più che per la Commissione la maggioranza è a quota 398 e i franchi tiratori sono pronti a far scattare la trappola. Ecco perché Ursula ha bisogno del sostegno dell’amica Giorgia, leader di Ecr, o in alternativa dei Verdi. Con tutto quello che ciò comporta. Ed ecco perché i giorni che precederanno il vertice Ue di giovedì e venerdì saranno densi di riunioni, negoziati sotterranei. Anche per la nostra premier, determinata a fare valere il peso dell’Italia sui tavoli internazionali.

Antonio Tajani, che conosce bene il Parlamento europeo e la “famiglia” del Ppe di cui Forza Italia fa parte, lo ha detto chiaro, ieri, parlando alla tv francese Tf1. «Dopo la vittoria del centrodestra alle Europee, quello italiano è il governo più forte, che può andare avanti fino alle prossime elezioni. Quindi la stabilità ci dà forza a Bruxelles. Per questo vogliamo avere un vicepresidente della Commissione europea e un commissario forte, per avere una buona politica europea a favore dell’industria e dell’agricoltura». 

 

Il titolare della Farnesina, commentando la situazione della politica francese, ha sottolineato: «Io rispetto sempre la volontà del popolo di un grande Paese come la Francia. Quindi sarà il popolo a decidere chi dovrà essere al governo in Francia. E io rispetterò sempre la volontà del popolo, come ministro degli Esteri, cercherò sempre di lavorare con il governo francese perché io sono un amico della Francia. Siamo partner della Francia, non di un governo o di un altro». Su possibili alleanze del Ppe con gli altri gruppi all’Europarlamento, Tajani ha ribadito che la necessità di «aprire le porte ai conservatori. Capisco che non sia facile, ma non possiamo aprire le porte ai Verdi». Mentre «il partito della Le Pen «non è nella famiglia dei conservatori ma nell’estrema destra, con posizioni che non sono vicine a quelle del Partito popolare europeo e quindi è quasi impossibile avere una cooperazione a livello europeo con quella famiglia politica». Anche Manfred Weber, leader del Ppe, è tra i più scettici all’ingresso dei Verdi in maggioranza. Ma nel gruppo esiste pure una nutrita fronda, capitanata dal premier polacco Donald Tusk, che non vuole aprire a Ecr, dove milita il Pis. Insomma, decisivo sarà il vertice di fine settimana, oltre ai colloqui bilaterali dei singoli leader, a partire da quello di lunedì tra Meloni e Orbàn.

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