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Dossier Ue contro l'Italia, le fonti? Ong, toghe rosse e l'Anticorruzione dem

Michele Zaccardi
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Il premierato desta «preoccupazioni» e «dubbi». Mentre la riforma della Giustizia può mettere a rischio l’indipendenza dei magistrati. Sono questi i principali rilievi contenuti nel rapporto annuale sullo Stato di diritto dedicato all’Italia che la Commissione europea ha pubblicato ieri.

Un documento di 47 pagine che è stato accolto dalla sinistra come la certificazione della deriva autoritaria, anzi “orbaniana”, nella quale sta precipitando l’Italia sotto il governo Meloni. Il sigillo, del resto, è quello di Bruxelles, e solo qualche sprovveduto sovranista potrebbe metterne in dubbio il rigore scientifico e metodologico. Eppure, spulciando le critiche mosse al nostro Paese si nota una certa approssimazione, che sfocia talvolta in aperta faziosità. Già, perché le fonti da cui il commissario alla Giustizia, il liberale belga Didier Reynders, ha attinto per stilare il Rapporto non sono sempre imparziali. Nella bibliografia compaiono infatti diversi interventi dell’Associazione nazionale magistrati, quasi sempre sdraiata sulle posizioni della sinistra, rapporti dell’Anac e del suo presidente, Giuseppe Busia, vicinissimo al Pd, e documenti di diverse Ong, da Amnesty a Emergency.

 

 

 

Ma andiamo con ordine. Il primo capitolo del Rapporto è dedicato alla giustizia. E mette nel mirino la riforma del sistema giudiziario. Ebbene: quasi tutti i rilievi avanzati dalla Commissione Ue sono basati sulle posizioni espresse dall’Anm. Per dire: «L’Associazione nazionale magistrati» si legge nel documento, «ha espresso preoccupazioni su diversi aspetti della normativa di attuazione, tra cui il colloquio psico-attitudinale e la regolamentazione della procedura di valutazione dei magistrati».

Non solo. Perché a Bruxelles non convince nemmeno la separazione delle carriere, che potrebbe «minare l’indipendenza dei pubblici ministeri». Un timore, anche in questo caso, fondato sugli allarmi lanciati, tra gli altri, anche dall’Anm. La quale è citata, quasi quale unica fonte, anche tra chi ha «sollevato preoccupazioni circa alcune dichiarazioni pubbliche di esponenti politici che criticavano la magistratura». La Commissione fa riferimento a un fatto avvenuto nell’ottobre 2023 quando alcuni politici di centrodestra stigmatizzarono la decisione del giudice del Tribunale di Catania che aveva ordinato il rilascio di un migrante trattenuto in un Centro per il Rimpatrio. In una ventina di righe dedicate al caso, si cita un «documento unitario» dell’Anm, «la mozione finale del 36° congresso nazionale» della stessa e persino un «comunicato stampa» della “Sezione distrettuale di Milano” dell’associazione.

 

 


Il secondo capitolo del Rapporto è invece dedicato alla corruzione. E qui la fonte principale è l’Anac, quell’Autorità nazionale anticorruzione che dal 2020 è guidata da Giuseppe Busia, finito di recente nei guai per aver gestito in modo opaco le nomine all’Anac. Scelto come presidente dal governo Conte 2, Busia è da sempre molto vicino al Pd. È stato infatti vice capo di gabinetto di Francesco Rutelli nel 2006, quando l’ex sindaco di Roma era ministro dei Beni culturali, sotto il governo Prodi 2. Ha anche ricoperto il ruolo di garante delle primarie del Pd nel 2007. È stato poi nel Board scientifico della “Scuola di politiche”, think tank fondato dall’ex segretario dem Enrico Letta. Con questo curriculum non dovrebbe sorprendere dunque che Busia abbia criticato l’abrogazione dell’abuso d’ufficio. Durante un’audizione al Senato, il presidente dell’Anac, si legge nel documento stilato da Bruxelles, «ha affermato che il disegno di legge sarebbe contrario alla proposta della Commissione e alle convenzioni internazionali anticorruzione».

 

 

 

Passiamo al terzo capitolo, quello dedicato al “Pluralismo dei media e libertà di stampa”. La Commissione spiega che «la piena indipendenza della Rai è motivo di preoccupazione», visto che «i portatori di interessi sottolineano la necessità di una riforma d’insieme per garantire» che Viale Mazzini «sia maggiormente al riparo da rischi di ingerenze politiche».

Ma la parte più interessante è quella relativa al caso di Sigfrido Ranucci, riportato nella nota 206. Dove si legge che imprecisati «portatori di interessi» hanno «espresso preoccupazioni sulla convocazione» in Commissione di Vigilanza Rai del conduttore della trasmissione Report. Audizione che, sebbene rientri tra le competenze dell’organo parlamentare, ammette Bruxelles, appare un «atto inconsueto», visto che ha riguardato un «singolo giornalista». Ma soprattutto perché, attenzione, sempre ignoti «portatori di interessi» «si sono detti preoccupati per l’atteggiamento beffardo mostrato da alcuni membri della Commissione nel corso dell’audizione». Insomma, la libertà di stampa sarebbe messa a repentaglio dai commenti ironici di qualche parlamentare.

L’ultimo capitolo, il quarto, analizza invece la riforma costituzionale del premierato, approvata la Senato il 18 giugno scorso e ora trasmessa alla Camera. In questo caso, scrive la Commissione Ue, «alcuni portatori di interessi (tra cui l’Associazione italiana dei costituzionalisti, ndr) hanno espresso preoccupazioni in merito alle proposte modifiche dell’attuale sistema di bilanciamento dei poteri istituzionali, oltre a nutrire dubbi sul fatto che riescano ad apportare maggior stabilità».

Un ultimo paragrafo, infine, elenca «criticità» per «lo spazio civico». E questo «alla luce dei casi di aggressività verbale nei confronti di organizzazioni impegnate in attività umanitarie e dei casi di violenza segnalati contro chi partecipa a manifestazioni». E chi ha segnalato alla Commissione questi timori? Le Ong Amnesty International Italia e Emergency. In serata fonti di governo hanno fatto sapere che il Rapporto contiene «ampi riconoscimenti» sui progressi dell’Italia, e «critiche certamente legittime ma che vanno lette ed interpretate per quelle che sono, ovvero come opinioni di parte».

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