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Meloni e la lettera a Ursula: la frase che ha fatto impazzire la sinistra

Enrico Paoli
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 “Cara Ursula”, come vuole la consuetudine, nell’attacco della missiva c’è. Mala cordialità fra la premier, Giorgia Meloni, e la presidente della Ue, Ursula von der Leyen, finisce lì, ai convenevoli di rito. Perché di particolarmente “caro”, nella dura lettera inviata dalla presidente del Consiglio alla numero uno europea, ci sono le ragioni del governo nel contestare quanto affermato nella Relazione annuale sullo stato di diritto nell’Unione europea, con particolare riguardo al tema dell’informazione, scritta sulla base delle “veline” di alcuni quotidiani cari ai 5 Stelle e fondazioni vicine al centrosinistra.

«Il documento è stato distorto a uso politico da alcuni nel tentativo di attaccare il governo italiano», afferma l’inquilina di Palazzo Chigi, andando direttamente al cuore del problema, «qualcuno si è spinto perfino a sostenere che in Italia sarebbe a rischio lo stato di diritto, in particolare con riferimento alla libertà di informazione e al servizio pubblico radiotelevisivo», sottolinea la premier. Non solo. «Ancora più strumentale appare la critica in base alla quale la Rai avrebbe violato le regole della par condicio in favore della maggioranza di governo», evidenzia la presidente del Consiglio, «durante le ultime consultazioni per l’elezione dei membri del Parlamento europeo». «Anche su questo argomento», c’è stata una «mistificazione a uso politico», sottolinea la premier, ricordando come «durante ogni passata competizione elettorale, tutti i governi in carica hanno potuto legittimamente continuare ad informare i cittadini sulla loro attività, come previsto dalla legge vigente. Viene da chiedersi», chiosa la Meloni, «perché questo principio, che si è sempre reputato valido in passato, non debba valere per l’attuale governo».

 

 

 

Ma proprio perché le regole del gioco (e non solo quello televisivo) sono state rispettate, la premier mette sul tavolo anche un’altra questione, tutt’altro che secondaria, visto la posta in gioco. «Gli articoli di alcuni media (cari ai 5 Stelle e al Pd, ndr) sulla Relazione annuale sullo stato di diritto dell’Unione europea, riguardo l’Italia, sono «attacchi maldestri e pretestuosi che possono avere presa solo nel desolante contesto di ricorrente utilizzo di fake news che sempre più inquina il dibattito in Europa.
Dispiace che neppure la Relazione della Commissione sullo stato di diritto e in particolare sulla libertà di informazione sul servizio pubblico radiotelevisivo sia stata risparmiata dai professionisti della disinformazione e della mistificazione», scrive la Meloni nella lettera alla presidente della Commissione.

 

 

 

«Alcuni conduttori hanno lasciato la Rai prima dell’arrivo del nuovo Ad e altri hanno deciso di percorrere nuove esperienze professionali o editoriali», precisa la premier Che il meccanismo delle fake e del ricorso a fonti di parte, il cui obiettivo è inquinare i pozzi, sia un problema serio è cosa nota, come testimonia la stizzita reazione sui social di alcuni giornalisti di Repubblica, che arrivano a parlare di «corsa sgangherata dei giornali filogovernativi». Ma esplicitare in modo netto il meccanismo delle fake news rende l’idea di come si muova l’Ue rispetto alle dinamiche interne di alcuni Paesi membri, non in linea con il pensiero dominante della filosofia “Ursula”. Chiarire non è mai un esercizio retorico, ma una necessità, se si vuole rispettare la verità dei fatti.

 

 

 

Nonostante tutto ciò da sinistra si è subito levato un coro di vibrate proteste contro la Meloni, difendendo a spada trattala von der Leyen e la Relazione Ue, parlando di «penosa battaglia» della premier, bollata come «sfacciata» da Bonelli. «Nella lettera a Ursula la presidente Meloni demolisce tutte le falsità della sinistra sulla Rai e sulla libertà di informazione», sostengono i componenti di FdI della Vigilanza Rai. Perché alla sinistra puoi toccare tutto, ma non la tv pubblica. Sia mai...

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