Bruxelles non sa distinguere tra bene e male

Quando pensi che l’Europa abbia toccato il fondo, quello è il momento in cui a Bruxelles si inizia a scavare
di Mario Sechigiovedì 19 giugno 2025
Bruxelles non sa distinguere tra bene e male
4' di lettura

Quando pensi che l’Europa abbia toccato il fondo, quello è il momento in cui a Bruxelles si inizia a scavare. Ieri l’Alto rappresentante per la politica estera, l’estone Kaja Kallas, ha svelato il suo desiderio: sanzionare Israele. Che la signora fosse inadeguata per quel ruolo lo sapevamo, ma che potesse superare i suoi predecessori - il nulla cosmico di Federica Mogherini e la trombonaggine di Josep Borrell - non era scontato. Kallas ha messo a segno l’impresa ieri, dichiarando al mondo il suo sconforto nel non riuscire a punire Israele perché non c’è accordo tra i 27 Stati dell’Unione. Per fortuna c’è ancora qualcuno che non ha consegnato la testa ai tagliagole di Hamas e ai boia dell’Iran.

Resta il messaggio, sconvolgente: a Bruxelles pensano di dare una lezione a Bibi Netanyahu, mentre l’Iran lancia una pioggia di missili sulle città israeliane, gli ebrei si riparano nei rifugi e a Gaza gli zombi di Hamas non rilasciano gli ostaggi, ebrei rapiti durante la strage del 7 ottobre 2023. Un’istituzione incapace di distinguere tra il bene e il male è il problema, non la soluzione, rivela la crisi profonda in cui è piombata l’Europa. Siamo di fronte a una minaccia esistenziale - la bomba atomica dell’Iran, il burattinaio della strategia del terrore in Medio Oriente - e nella Commissione Ue c’è chi confonde l’ora della guerra giusta con l’ora del the radioattivo.

Mentre Israele fa «il lavoro sporco che avremmo dovuto fare noi» (parole del cancelliere tedesco Friedrich Merz, non di un pericoloso sovranista), si discute sul come dare una lezione a Gerusalemme. Sì, bisogna isolarli tutti questi ebrei che combattono per noi contro i dittatori, i terroristi, gli assassini seriali, gli stupratori, gli ingegneri della Bomba, gli ideologi di un nuovo Olocausto. Interpretando magistralmente il copione dell’utile idiota dei Pasdaran (ieri di Hamas e di Hezbollah e per il futuro non mancherà l’afflato per altre canaglie), l’Europa ha anche precisato con puntiglio che non vuole un cambio di regime in Iran. Perbacco, ci mancherebbe solo che chi impicca i gay, ammazza le donne, fa sparire i dissidenti, lancia missili sui civili, arricchisce uranio oltre ogni limite, sparge bugie e finge di negoziare per comprare il tempo che gli serve per compiere la strage degli innocenti, venga eliminato. Niente cambio di regime, in Iran tutto fila liscio e siamo in un clima di assoluta concordia.

D’altronde, al governo e nelle redazioni dei media, nelle case editrici e nelle università ci sono sempre loro (o i nipotini che ne hanno ereditato l’ignoranza), quelli che quando nel 1979 a Teheran sbarcò da Parigi l’ayatollah Ruhollah Khomeyni, salutarono la rivoluzione iraniana come un trionfo del progresso. Stavano piombando in un nuovo Medio Evo, ma l’intellettuale di sinistra queste cose le ha dimenticate e oggi continua a dispensare lezioni sul fascismo in Italia e la fine della democrazia in America, sputa sentenze nei talk show, presenta libri, una compagnia di giro che si auto invita, premia e applaude in prima serata. Sepolti dalle macerie del Muro di Berlino, ne sono usciti dandosi una spolveratina come se nulla fosse accaduto, anzi scoprendosi socialdemocratici, mai al corrente sull’allegro soggiorno dei dissidenti nei gulag, che palle quel tipo, come si chiamava? Ah, sì, Aleksandr Solgenitsin. Scomparso l’abbaglio per il Comandante Mao e la sua rivoluzione culturale, lo hanno sostituito con la teocrazia iraniana per dare una pedata agli amerikani. Poi qualcosa nell’ingranaggio del Progresso è andato storto, un dettaglio, quella cosa chiamata Storia. Il presente? È sempre radioso. Sanzioniamo Israele! E il cambio di regime in Iran non s’ha da fare! All’establishment brussellese sta bene l’insegnamento spirituale dell’ayatollah Ali Khamenei, quello che ieri ha minacciato «conseguenze irreparabili», il religioso che promette la fine «dei sionisti» mentre accarezza la canna del fucile, il nobile animo che cita il Corano («L’aiuto di Allah e una conquista imminente») accompagnandolo con l’immagine dei missili che decollano.

Se Winston Churchill e Charles de Gaulle fossero tra noi, proverebbero vergogna per questa Europa, per questo smarrimento suicida, questa bancarotta culturale, questa ignominia, questa ideologia della resa. Sono i nuovi sonnambuli, storditi dal veleno della sottomissione, ipnotizzati da decenni di indottrinamento e propaganda progressista, non vedono più il nemico alle porte, l’arma di distruzione di massa, non riescono a unire i puntini della Storia e vedere il disegno che salda Gaza, Beirut, Sana’a, Damasco e Teheran, l’ombra del Califfato che si materializza con lo sterminio degli ebrei. Il primo nemico della libertà, è seduto al tavolo, mangia, ci guarda, ci giudica e sorride, ce l’abbiamo in casa.

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