Egregio Dottor Mainiero, vogliamo esporre un pensiero sul giovane napoletano Ciro. Su un punto ci siamo ritrovati: il gruppo di ultrà del quale faceva parte Ciro si è scontrato con i «parigrado» romanisti e si è scatenata la tragedia. Ora, con tutto il rispetto, definirlo eroe, intestargli una piazza e proclamare il lutto cittadino per noi sono iniziative inopportune. Siamo certi che la sua risposta non sarà permeata da sciovinismo partenopeo. Antonino Marino Messina Innanzitutto una spiegazione per i lettori: il plurale usato dal signor Marino non è un plurale maiestatis. Marino è solito incontrarsi con un gruppetto di amici con i quali discute del più e del meno. Poi, a fine discussione, talvolta parte la domanda collettiva per il sottoscritto. Gli amici, non menzionati, sono presenti in quel plurale. E veniamo a noi: sciovinismo? Impossibile: i napoletani non sono sciovinisti. Sono affezionati alla loro città, ma i primi a criticarla, se necessario, sono proprio loro. Se c’è un pregio dei napoletani questo è l’assoluta incapacità di prendersi sul serio. Comprenderà che un popolo fatto così non può essere sciovinista. Lo sciovinismo è compagno di strada del nazionalismo(non so se padre o figlio, comunque compagno di strada). È frutto di un’ammirazione distorta ed esagerata verso se stessi e il proprio Paese. I napoletani? Quelli che hanno scritto pagine insuperabili non decantando le loro virtù ma i difetti? Gli eredi di Marotta che esaltava non l’indole fiera o il coraggio ma la pazienza dei napoletani (è questo «l’oro di Napoli», null’altro che la pazienza), la capacità di sopportare la sfortuna? No, i napoletani, quelli veri, non sono sciovinisti, e non possono condividere, pur con tutto il rispetto, piazze e strade intestate a giovani sfortunati ma non eroici, perché altrimenti tutte le targhe della città dovrebbero portare il nome di un defunto, una vittima innocente degli scippatori, dei rapinatori e così via. I napoletani vorrebbero solo che Ciro fosse vivo e che abitasse, magari, in una strada intestata a San Gennaro, unica istituzione cittadina che pazientemente ancora regge al generale dissolvimento partenopeo. mattias.mainiero@liberoquotidiano.it