Renzi ci farà rimpiangere Monti

In arrivo la Tasi di Matteo, ed è peggio dell'Imu di Mario
di Maurizio Belpietrodomenica 2 marzo 2014
Renzi ci farà rimpiangere Monti
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Faccio ammenda. L’altro giorno ho scritto che il governo Renzi era uguale a quello Letta. Sbagliavo: l’esecutivo del Rottamatore somiglia più al Consiglio dei ministri presieduto da Mario Monti. Non tanto per le facce di chi ne fa parte, che per lo più sono le stesse di prima. E nemmeno per la presenza di un certo numero di impresentabili, a cominciare da Francesca Barracciu (indagata: ma se non andava bene come governatrice della Sardegna perché va bene per il governo d’Italia?) per finire a Tonino Gentile (da fermare, come lui ha fermato le rotative del giornale che pubblicava una notizia sgradita). No, la ragione per cui accosto il nome dell’ex sindaco di Firenze a quello dell’ex rettore della Bocconi è perché entrambi paiono avere la stessa dimestichezza con le tasse. Infatti, neanche il tempo di arrivare a Palazzo Chigi che sia l’uno che l’altro hanno sfornato senza neanche fare un plissé una sventagliata di nuove imposte. Monti resta famoso per aver reintrodotto l’Imu, colpendo anche le prime case. Renzi diverrà famoso per aver consentito di aumentare la Tasi, cioè la tassa sui servizi indivisibili, imposta che appena dovranno mettere mano al portafogli gli italiani impareranno a conoscere e a detestare. Di che si tratta? È presto detto. Un tempo i contribuenti pagavano i tributi per ottenere in cambio i servizi essenziali, ad esempio la sanità, la sicurezza, l’amministrazione della giustizia eccetera. Ma anche le strade asfaltate e illuminate, la nettezza urbana, l’anagrafe e tutte le altre attività che in genere sono affidate ai Comuni. Con la scusa del federalismo e del decentramento amministrativo, da un po’ di tempo oltre alla moltiplicazione degli impiegati pubblici e delle pratiche che un cittadino è costretto a sbrigare per conto di Stato, Regioni, Province ed enti locali, è avvenuta la moltiplicazione delle tasse. Ora non si pagano più solo le imposte statali, le addizionali Irpef a Regioni e Province: ci sono anche i tributi che incassano i municipi. I servizi sono rimasti gli stessi, anzi a dire il vero sono peggiorati, ma agli italiani costano molto di più. Risultato: da Monti in poi ogni contribuente ogni anno è costretto a pagare una montagna di quattrini. Per la spazzatura ma anche per la proprietà di un alloggio. Di fatto è stata introdotta la temuta patrimoniale, che mese dopo mese è lievitata sempre di più, in particolare sulle seconde case, come se chi avesse investito nel mattone per tutelare i propri risparmi fosse un pericolo pubblico da punire. La Tasi è peggio dell’Imu perché costringe i proprietari a pagare il doppio di quello che avevano pagato. L’imposta sui servizi colpisce anche chi possiede il solo alloggio in cui abita e di fatto si fa restituire ciò che il governo Letta aveva dato. Gli esperti hanno calcolato che in certi casi per un appartamento di 120 metri quadrati, cioè né piccolo né grande, diciamo normale, si rischia di versare ogni anno oltre 700 euro ma se si ha una seconda abitazione anche 2500 euro, in quanto il governo Renzi ha concesso ai sindaci spendaccioni la possibilità di applicare un’addizionale dell’11,4 per mille. In breve, si tratta di un salasso, proprio come avvenne nel novembre del 2011, quando Monti arrivò a Palazzo Chigi. Ma non è finita qui. Al pari dell’ex rettore, anche il Rottamatore ha varato un rincaro sulle accise, con il risultato che alla fine costringerà gli italiani ad andare a piedi, perché la benzina erogata dalle nostre pompe sarà la più cara d’Europa. Del probabile balzello sui telefonini abbiamo già scritto: non è ancora arrivato ma già minaccia di fare danni, colpendo gli italiani nell’ultimo sfizio rimasto: quello di chiacchierare al telefono. C’è poi dell’altro, perché le cattive notizie non vengono mai sole. Come i lettori sanno, per giustificare le mirabolanti promesse il premier batte e ribatte sulle rendite finanziarie, sostenendo che chi guadagna con le azioni non è giusto che paghi solo il 20 per cento di tasse contro il 25-30 di chi lavora. Discorso che è propedeutico all’inasprimento della tassazione dei capital gain borsistici. In realtà, come il nostro Giuliano Zulin dimostra nelle pagine interne, le imposte sui guadagni azionari non sono affatto al 20 per cento, perché tra bolli e altri balzelli già si arriva a quota 30, cioè ci si allinea sia con quello che succede altrove sia con l’imposizione fiscale sul lavoro. Se dunque Renzi desse seguito al suo progetto di innalzamento del prelievo sulle rendite finanziarie, la tassazione potrebbe arrivare al 35 per cento, ovvero la più alta d’Europa. Chi verrà in tal caso a investire da noi? Che faranno i fondi stranieri che si pretende di attirare? C’è il rischio di finire come Mario Monti, il quale a forza di tassare è rimasto con un pugno di mosche in mano. E noi con lui.