Roma, 9 gen. (Adnkronos) - I conti del coniuge sono riservati pertanto guai a violare la sua corrispondenza bancaria, anche se le carte potrebbero essere preziose in una causa di separazione. Lo ha stabilito la Cassazione che, pur prendendo atto della intervenuta prescrizione del reato di sottrazione di corrispondenza, ha bocciato, agli effetti risarcitori, il ricorso di una donna napoletana, Filomena M., colpevole di avere aperto e preso visione della corrispondenza bancaria, nella specie il contratto editoriale della società presso la quale lavorava l'ex coniuge, utilizzandola nella causa di separazione pendente davanti al tribunale civile di Napoli. Inutile la difesa della ormai ex consorte, condannata per il reato punito dall'art. 616 c.p. e al risarcimento danni, che si è difesa sostenendo che la busta era già aperta e visibile sulla scrivania e che, dunque, non c'era stata nessuna violazione di riservatezza. La Quinta sezione penale, pur annullando la sentenza impugnata per intervenuta prescrizione del reato, ha bocciato il ricorso della donna tenendo così in vita il risarcimento dovuto al coniuge per la corrispondenza violata. In particolare, gli 'ermellini', hanno spiegato che "integra il reato di violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza la condotta di colui che sottragga la corrispondenza al coniuge per produrla nel giudizio civile di separazione". Non sussiste nemmeno "la giusta causa" contemplata dall'art. 616 c.p. la quale presuppone che "la produzione in giudizio della documentazione bancaria sia l'unico mezzo a disposizione per contestare le richieste del coniuge-controparte considerato che, ricorda piazza Cavour, "tocca comunque al giudice ordinare "all'altra parte o ad un terzo l'esibizione di documenti di cui ritenga necessaria l'acquisizione al processo".