Regola numero uno: il campione la butta dentro. Sarà anche una massima da bar, scevra da qualunque competenza tecnico-tattica o evidenza scientifica. Ma nel brillante collo pieno di Higuain che traghetta l’Argentina in semifinale, c’è tutto quello che non è stato per l’Italia, quel tiro al volo di Balotelli contro la Costa Rica che - da posizione ben più favorevole - poteva cambiare la storia e invece si è spento nelle mani di Navas. Mentre il Pipita non lascia scampo allo stupefatto Courtois, talismano imbattibile per 21 partite. Con lui fra i pali Wilmots non aveva mai perso, il 22enne del Chelsea si terrà comunque stretto il suo record e la personale soddisfazione di non aver ancora mai subito gol da Messi, fermato anche ieri nel finale. Ricordi da conservare, altri da cancellare come la prestazione del Belgio (Hazard vera delusione mondiale), scioltosi a Brasilia dopo una “bambola” durata 80 minuti, ipnotizzato dai ritmi bassi (ma si giocava alle 11 locali), da un Lavezzi propositivo e voglioso di saltare l’uomo e da un’Argentina molto in versione europea. Non ne abbiamo compreso ancora il potenziale, ieri Sabella (l’uomo che pare uscito da una lavanda gastrica) ha piazzato il Pocho esterno puro a sinistra: primo comandamento, non andare a chiudere gli spazi a “quello lì”. Il quale Messi, per un pomeriggio pare aver tirato il fiato, in una partita a tratti davvero triste, come solo l’Italia era stata capace di “regalarci”. Vincente ma bruttina, la Seleccion, brava a organizzarsi bene in difesa eppure incapace di non far provare qualche brivido a Romero. Ora però Sabella si ritrova anche con i ricambi contati: perso Aguero, ci sarà da valutare il guaio muscolare di Di Maria che, magie di Messi a parte, è l’Angelo che ha davvero tirato la carretta finora e la spalla capace di dialogare al meglio con la Pulce: adesso Leo è quasi da solo, se sarà capace di portare la squadra al titolo potremmo ancora considerarlo inferiore a Maradona? Intanto Palacio, aggregato come ultima scelta fra gli attaccanti, ora potrebbe essere determinante, con buona pace di chi rammenta Tevez lasciato a casa. Gli almanacchi ci ricordano come l’ultima volta che l’Albiceleste ha alzato qualcosa sia stata la Coppa America del 1993, ed erano 24 anni che gli argentini non raggiungevano le semifinali mondiali: cosa accaduta in verità solo 4 volte nella storia, però quando ci arrivano poi vanno sempre in finale. Nel momento di prostrazione del Brasile, l’Argentina comincia a sognare davvero. Solo un caso? di Tommaso Lorenzini
