(Adnkronos) - Sia in primo che in secondo grado (Corte appello Roma, ottobre 2010), Aldo Davanzali si era visto negare il risarcimento danni patito dopo il fallimento richiesto a Palazzo Chigi e ai ministeri della Difesa, delle Infrastrutture e Trasporti sulla base del fatto che era da escludersi una connessione tra il "depistaggio" avvenuto intorno alla strage di Ustica e il dissesto dell'Itavia che era da ritenersi "pregresso date le gravissime difficoltà economiche". Gli eredi di Davanzali si sono battuti con successo in Cassazione, insistendo "nella prospettazione del depistaggio - mediante omertà e menzogna - sulla tesi del cedimento strutturale del velivolo". Nell'accogliere il ricorso, la Cassazione ricorda che "il giudice di primo grado ha ritenuto dimostrata una intenzionale attività di inquinamento probatorio, ripetuta, duratura nel tempo, svolta a livelli decisionali e operativi, posta in essere da militari dell'Aeronautica militare, sia presso le strutture di base, sia presso il vertice dell'Amministrazione'". La Cassazione sottolinea come sia "defintivamente accertato" che attorno alla vicenda di Ustica vi sia stata un'operazione di "depistaggio". Dunque, "se depistaggio deve qui aversi per definitivamente accertato esservi stato, risulta oltretutto perfino irrilevante ricercare la causa effettiva del disastro, nonostante la tesi del missile sparato da aereo ignoto, la cui presenza sulla rotta del velivolo Itavia non era stata impedita dai Ministeri di difesa e trasporti, risulti ormai consacrata pure nella giurisprudenza della Corte". (segue)