Prosegue la nostra campagna sui «giustiziati», ovvero i cittadini che si sono ritrovati con la vita stravolta a causa di lungaggini burocratiche e bizantinismi della giustizia civile italiana. Un solo giorno dopo il lancio dell’iniziativa, in redazione sono pervenute (all’indirizzo e-mail giustiziati@liberoquotidiano.it) decine di storie al limite del paradossale. In questa pagina ne pubblichiamo alcune, fra le quali la vicenda di una coppia - tetraplegica lei e paraplegico lui - che sebbene si trovi in una florida situazione finanziaria non può beneficiare delle proprie ricchezze. Perché? Perché nonostante il marito sia stato nominato amministratore delle fortune della moglie (totalmente impossibilitata a compiere qualsiasi azione, ivi comprese operazioni bancarie), un giudice ha congelato i beni, ravvisando un «conflitto d’interesse» nella figura del marito-amministratore. Se anche voi vorrete spedirci la vostra storia, saremo lieti di pubblicarla. Ecco la loro storia. Io sono stato nominato dal giudice Amministratore di Sostegno (Ads) di mia moglie tetraplegica. Purtroppo il giudice mi vessa in continuazione, si arroga il diritto di indirizzare i risparmi di mia moglie. Sono risparmi ingenti, perché è stata risarcita dopo un incidente che ci ha coinvolto entrambi. Io invece sono paraplegico ma sono in grado di svolgere il mio ruolo. Nel 2011 il giudice ha nominato un avvocato di Verona come Amministratore di sostegno di mia moglie senza nemmeno avvisarmi, io ho dovuto fare ricorso a Venezia per ritornare nelle mie funzioni di Amministratore di sostegno. Io chiedo in continuazione al giudice di sbloccare soldi per il mantenimento decoroso di mia moglie ma Lei - il giudice è femmina - non mi accorda mai nulla e sono costretto a pagare con i miei soldi, quando mia moglie ha una somma liquida considerevle ferma in banca, ovviamente per scelta del giudice. In definitiva abbiamo soldi oltre il necessario ma non possiamo utilizzarli. Mi sembra talmente assurda questa invasione di campo, e il colmo è che il giudice dice di farlo per tutelare mia moglie, perché io - sostiene - sono in conflitto di interessi. Si noti che sono sposato con mia moglie da trent’anni e abbiamo sempre vissuto sotto lo stesso tetto e tuttora viviamo, seppurcon qualche difficoltà, assieme. Ovviamente abbiamo una «badante» che vive con noi, e fiscalmente è tutto in regola. Sono incazzato nero, non possiamo vivere come vogliamo con i nostri soldi perché il giudice si arroga il diritto di decidere come gestire le nostre risorse economiche. In definitiva, siamo ricchi ma non possiamo disporre della nostra ricchezza. Sono nauseato, ogni volta che parlo con la giudice mi stoppa con la parola magica «conflitto d’interessi». Questa non è giustizia ma vessazione totale, e non ci permette di vivere serenatmente la nostra esistenza, che è già difficoltosa nel quotidiano. di Bruno Marconi Verona
