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Fecondazione in vitro: come ottenere il successo e ridurre i fallimenti

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Come raggiungere il successo con la fecondazione in vitro è ormai abbastanza chiaro e scevro da ogni possibile dubbio. Le ultime linee guida ESHRE, la società Europea della Fecondazione Umana possono fornire un utile vademecum a tutte le coppie che si apprestano o hanno già intrapreso questa strada. 

Infatti secondo i dati del Programma Europeo di monitoraggio della Fecondazione in Vitro la possibilità di successo della fecondazione in vitro classica in cui l’embrione da trasferire in utero viene selezionato solo sulla base di criteri morfologici sono per trasferimento embrionario del 31,5% quando la donna ha meno di 35 anni, del 25,9% quando la donna ha più tra i 35 ed i 40 anni e del 10% quando la donna ha più di 40 anni (Wyns C et al., 2021) Questo accade perché una quota parte del patrimonio ovocitario femminile è sempre alterato cromosomicamente,anche quando la donna possiede un normale assetto cromosomico generale (cariotipo) Questa percentuale generalmente è più bassa sotto i 35 anni ma dopo questa età aumenta in maniera significativa ed esponenziale.Pertanto se si feconda artificialmente in vitro un ovocita che non è sano si formerà di conseguenza  un embrione non sano che o non s’impianterà o darà luogo ad un aborto.

Non esiste infatti nessuna correlazione tra l’aspetto morfologico di un embrione e la sua salute genetica pertanto anche il trasferimento di un embrione di ottima qualità morfologica non assicura il suo impianto. Grazie a numerose  ricerche si è potuto scoprire che  anche nelle  pazienti  più giovani(età<35 anni) il 40-50% degli embrioni prodotti  in vitro non è sano geneticamente,presenta cioè un alterato numero di cromosomi (aneuploidie) e quindi non è in grado o di impiantarsi o  di dare una gravidanza evolutiva(aborto del primo trimestre) Se vogliamo  pertanto dare ad una coppia le massime possibilità di successo con la  fecondazione in vitro senza doverla sottoporre a molteplici tentativi  dobbiamo effettuare prima di trasferirlo una tecnica in grado di valutare l’assetto cromosomico dell’embrione, la cosiddetta diagnosi genetica preimpianto. Questa tecnica consente di trasferire immediatamente, se è stato prodotto, l’embrione con maggiore capacità di successo Essa viene effettuata a livello di blastocisti (embrioni in V/VI giornata di sviluppo)  prelevando 5/10 cellule dal trofoectoderma ossia da quel tessuto che darà origine alla placenta perché esse  sono pressochè geneticamente identiche (>98%) a quelle embrionarie. 

Questo tipo di biopsia non essendo fatta direttamente sull’embrione come si faceva una volta non ha nessuno impatto negativo sull’impianto dello stesso. L’importante però è che la biopsia venga effettuata in centri particolarmente addestrati su tale tecnica  perché una biopsia troppa invasiva che prende cioè un numero eccessivo di cellule può incidere sulle % di impianto e sulla risposta dell’esame genetico.La recente tecnica di analisi cromosomica mediante NGS (Next Generation Sequencing) consente di valutare, a differenza delle precedenti, non solo tutti i cromosomi dell’embrione ma anche il DNA mitocondriale, la centrale energetica che ha un ruolo fondamentale nello sviluppo embrionario e poi fetale. 

Anche qui è importante il ruolo del laboratorio di analisi perché può influenzare  il numero di embrioni sani che si identificano e quindi la cosiddetta percentuale cumulativa di gravidanza,ossia quella che si può ottenere facendo trasferimenti ripetuti.I dati europei in maniera chiara evidenziano che le percentuali di gravidanza che si possono ottenere trasferendo un embrione sano sono del 68,1% se la donna ha meno di 35 anni,del 64,1% se l’età è compresa tra i 35 e 40 anni  del 58% se la donna ha più di 40 anni.

Le percentuali di successo tra le due tecniche risultano ancora più evidenti se si considera la cosiddetta percentuale cumulativa di gravidanza ossia quella che si può ottenere dopo due o tre trasferimenti embrionali (Reig et al., 2020). La tecnica di diagnosi preimpianto  risulta particolarmente valida per tutte quelle donne che presentano una elevata capacità di produrre ovociti con la stimolazione ormonale.Questo può essere valutato in maniera molto semplice preliminarmente mediante tests in grado di valutare la riserva ovarica femminile,come la conta ecografica dei follicoli antrali ed il dosaggio ematico dell’ormone antimulleriano cosa che il medico specialista dovrebbe fare fin dalla prima visita della coppia per poter esprimere correttamente le capacità riproduttive della stessa.Oggi la riduzione della riserva ovarica può essere contrastata dal punto di vista clinico da un particolare protocollo di stimolazione ormonale detto DUOSTIM.Questo protocollo consiste nell’esecuzione in uno stesso ciclo di due stimolazioni consecutive nello stesso ciclo  (la seconda quattro giorni circa dopo il primo pick-up) al fine di prelevare più ovociti e quindi formare più embrioni e pertanto di aumentare in maniera statisticamente significativa la possibilità di formare embrioni sani cromosomicamente (Ubaldi 2016).

Una volta ottenuti  embrioni sani cromosomicamente dobbiamo però essere anche sicuri della qualità del “terreno”in cui andiamo ad impiantarli,questo terreno si chiama endometrio ed è il tessuto che riveste l’utero,questo soprattutto quando si siano avuti ripetuti fallimenti di impianto .Diversi studi scientifici hanno evidenziato che circa il 25 % circa dei pazienti con fallimenti di impianto presenta un endometrio non recettivo,quello che in termine tecnico si chiama dislocamento della  finestra di impianto ,generalmente un endometrio prerecettivo. Se si effettua un particolare test (TEST DI RECETTIVITA’ ENDOMETRIALE) oggi siamo in grado di identificare esattamente la finestra di impianto e di indentificare il momento preciso in cui l’embrione deve essere trasferito e quindi di  effettuare un transfer personalizzato sulle caratteristiche di ciascun paziente. Un ulteriore impedimento all’impianto può essere determinato da un alterazione della flora batterica uterina ed in particolare   una diminuzione al di sotto del 90% della flora Lattobacillare e/o la presenza di un endometrite cronica da trattare con adeguata terapia antibiotica.Anche tutto questo può oggi essere accertato con dei nuovissimi e modernissimi test genetici in grado di determinare con esattezza la alterazione microbiologica  presente a livello uterino.

Sicuramente il successo della PMA può essere influenzato  dagli stili di vita della coppia come l’abuso di alcool,il fumo ed in particolare l’obesità.In quest’ultimo caso non solo adeguati programmi nutrizionali ma anche l’utilizzazione di specifici farmaci iniettivi per via sottocutanea possono farci raggiungere ancora più facilmente e velocemente l’obiettivo.

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