L'incontro con l'attrice e regista Valeria Bruni Tedeschi, avviene all'interno di un grande albergo romano. Mentre fuori ci sono tv, radio e colleghi, noi siamo sole, il nostro appuntamento è per capire e commentare i passaggi della sua vita, a volte imperfetta, in cui riconoscersi. Valeria è raggiante, molto più bella di quanto appare sulle pagine patinate di un magazine di cinema. Capelli biondi dal taglio sbarazzino, le physique du rôle e una grande personalità. Ci piace quel suo modo di porgersi gentile ed educato, di rispondere alle domande spontaneamente, senza il timore di raccontare qualcosa che possa danneggiarla. Valeria, non ha “scheletri”, nell'armadio, è sincera e molto amata nella vita reale. La sua galleria sfaccettata di personaggi femminili che ribaltano sul grande schermo, è fatta di donne dallo spirito libero, sempre vincente, perché le assomigliano. Nella Capitale è giunta per il Rendez Vous”, il festival dove è stato presentato il nuovo film da protagonista (in uscita il 15 settembre), “L'attachement”, di Carine Tardieu. Un viaggio profondo nelle relazioni e nelle scelte che fa una donna single e femminista, prima di incontrare il vero amore. Dopo un caffè, comincio a fare le mie domande.
Valeria, nel suo ultimo film interpreta Sandra, single per scelta. Ma se una donna è libera e ha le sue idee oggi continuano a chiamarla femminista, spesso con disprezzo. Lo trova giusto?
“E' un tema complicato bisognerebbe riflettere su questo argomento. Però confermo: io mi sento femminista”.
Niente cartelli e cori per strada. Ma come ci si difende da questo appellativo?
“Originariamente è stata una lotta iniziata molti anni fa, ma visti gli inutili tentativi di cambiare le cose, apparentemente l'argomento sembrava accantonato”.
Invece?
“Ora si è risvegliato perché si punta all'uguaglianza tra i generi. Essere femminista non significa odiare gli uomini, tra loro ci sono anche persone meravigliose. Infatti, per me non è una lotta, non devo denigrare il sesso maschile, ma non accetto l'odio che si innesca con le parole. Essere alla pari, e vivere con gli stessi ideali, questo sarebbe l’argomento giusto da affrontare. In fondo le donne vorrebbero essere valutate e rispettate sul lavoro, nello stesso modo dei maschi: tutto qui!”.
Una frase letta su un libro diceva: le donne non si accontentano più di cucire i bottoni, ma vogliono entrare di diritto nella “stanza dei bottoni”.
“La parità deve esserci. Ripeto: non è giusto che rimangano indietro se lavorano nello stesso modo del sesso maschile”.
Femminista anche nel film “L 'attachement” di Carine Tardieu. Pensa di somigliarle?
“Credo di essere diversa da Sandra, la protagonista che interpreto. Sì, è una donna forte come me, è piena di risorse ed è convinta che essere sola sia il modo migliore di vivere. Io sono più emotiva, sono madre, e ho bisogno di sentirmi amata”.
A vederla da vicino è molto bella, una donna che non è preda delle nuove tecniche al silicone. Ed è anche molto intelligente. Visti i tempi che corrono, tra seni rifatti e curve mozzafiato, oggi quanto conta l'intelligenza?
“La bellezza è un fatto che mi da gioia. Ma come diceva Pirandello: una, nessuna e centomila. Mentre l'intelligenza aiuta a capire cosa è giusto fare. Ti fa riflettere. Devo ammettere che non mi sento bella, però lo accetto se me lo dicono gli altri... allora sì, mi sento bella. Il resto viene dalla vita, l’importante è capire chi siamo e cosa vogliamo”.
Lei, per esempio, cosa vorrebbe?
“Sono arrivata al punto di pensare che fare un film da protagonista sia quasi una vacanza, e in qualsiasi ruolo. Quando vesto i panni della regista è diverso, è una parte più adulta, mentre dirigo per i miei attori mi sento quasi un genitore. In ogni film una parte di me e della mia vita, ci sarà sempre”.
A proposito di film, ho sentito dire che lei avrebbe voluto interpretare il ruolo di Nicole Kidman in “Babygirl”, visto al festival di Venezia. Da femminista, uno stagista spregiudicato e umiliante come il personaggio che appare nella storia, credo che lo avrebbe distrutto: mi dica se sbaglio”
“Quel ruolo non lo avrei mai fatto, non è il mio genere di cinema. È un film interessante, ma che non avrei accettato. Sono sicura di questo, amo storie diverse”.
Nella vita ha vissuto più rimpianti o rimorsi?
“Devo ammetterlo: tutti e due. Sono piena di rimpianti e di rimorsi, capita a volte. Ma, ai rimorsi non penso più. Il tempo cambia le cose, come cambiamo noi”.
È nata a Torino, ma per tutti è francese. In quale di questi luoghi si sente di appartenere?
“La mia culla, la mia essenza è l'Italia, poi mi sono costruita in Francia. Amo ambedue”.
In Francia vive sua sorella e le penne al “vetriolo”, scrivono ripetutamente il suo difficile rapporto con lei. Confessi: vero o falso?
“Con mia sorella ho un rapporto molto buono, sì siamo diverse, lei ama la musica ed io il cinema, ma siamo ugualmente simili. Abbiamo una bella vitalità, lavoriamo molto su di noi, ci stimiamo. Sono amici anche i nostri figli. I miei due Oumy e Noè, e Giulia figlia di Carla e di Nicolas Sarkozy, giocano spesso insieme”.
Che progetti ha per il futuro?
“Sto pensando ad un nuovo film da regista, vorrei girarlo l'anno prossimo in Italia. Poi un film con Valeria Golino, una carissima amica che amo e rispetto”.
Mi dice qualcosa che non ha mai rivelato a nessuno. Per esempio: se dovesse dire grazie a qualcuno, oggi a chi lo direbbe?
“A mia madre Marisa (Borini). Le devo molto e devo ringraziare lei se ho avuto la forza e il coraggio di arrivare sino qui. È stata straordinaria, e mi ha insegnato molto”.