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Giustizia, i referendum Lega-Radicali per frenare la prepotenza delle toghe: la sovranità non appartiene alle Procure

 Toghe

Iuri Maria Prado
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 In teoria non bisognerebbe caricare i referendum di significati ulteriori e diversi rispetto a quelli che emergono dai quesiti. Volete abrogare quelle certe norme? Sì o no. E i sostenitori di un orientamento e dell'altro dovrebbero concentrarsi sui motivi specifici per cui, a loro giudizio, quelle norme meritano di essere mantenute o, appunto, abrogate. C'è caso tuttavia (ed è il caso dei quesiti sulla giustizia) che un vasto movimento reattivo lasci intendere che l'iniziativa referendaria costituisca un esperimento di terrorismo istituzionale, una specie di affronto, insomma un'operazione di inammissibile lesione del rango giudiziario e del suo assetto, che si vuole indiscutibile, immodificabile, irriformabile.

 

 

Anche in ordine a questi referendum, infatti, con punte di eversione giunte a coinvolgere il presidente della Repubblica, istigato a frapporre non si sa quale ostacolo all'iniziativa, il potere giudiziario corporato ha ritenuto di evocare le solite patacche adoperate da sempre per contestare qualsiasi ipotesi di riforma, e cioè la "autonomia" e la "indipendenza" della magistratura: intese evidentemente a contrassegno di un sistema in cui sulla giustizia si può intervenire a patto che lo si faccia come desidera la magistratura.

 

 

In questo quadro, con la magistratura schierata non a contestare il contenuto tecnico dei quesiti, ma a dar battaglia per il sol fatto che ai cittadini sia concretamente reso disponibile il diritto al referendum che la Costituzione attribuisce loro, è gioco forza che si alzi il livello dello scontro. E che non solo si ammetta, ma si rivendichi, che questi referendum - ebbene sì - servono anche a rintuzzare la prepotenza giudiziaria. Servono a dire che la sovranità non appartiene alle Procure della Repubblica.

 

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