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Michele Prestipino, il procuratore di Roma è abusivo: l'accusa dei colleghi, caos-Capitale

Paolo Ferrari
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Il procuratore di Roma Michele Prestipino è sempre più abusivo. Il Consiglio di Stato, per l'ennesima volta, ha stabilito che l'attuale numero uno di piazzale Clodio non ha i titoli per ricoprire quel ruolo. Troppo scarso il suo curriculum e troppo debole la sua esperienza professionale per poter svolgere un incarico così importante. Ieri è stata depositata la sentenza che ha accolto il ricorso del procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, il magistrato che l'anno scorso era stato bocciato dal Consiglio superiore della magistratura, a favore di Prestipino, per il posto di procuratore della Capitale.

Per i giudici del Consiglio di Stato non si comprende, infatti, come il procuratore di Palermo, territorio da sempre caratterizzato da infiltrazioni mafiose, possa essere recessivo sul tema del contrasto alla criminalità rispetto ad un collega, come Prestipino, che per anni si è relazionato solo con la delinquenza romana. A meno di non voler dar retta a Roberto Benigni, alias Johnny Stecchino nell'omonimo film, secondo il quale il problema principale di Palermo era "il traffico". Il Csm per favorire Prestipino aveva lavorato di fantasia, affermando che Roma ha una sua «specificità criminale». Tesi bocciata senza appello dal Consiglio di Stato. Prima di Lo Voi anche il procuratore generale di Firenze Marcello Viola, altro escluso dalla corsa per il posto di procuratore di Roma, aveva fatto ricorso, con successo, contro la nomina di Prestipino.

 

 

La partita per la Capitale, comunque, non è ancora conclusa. Ci sarà un tempo supplementare. Prestipino, non accettando i responsi sfavorevoli, ha deciso di mettere in discussione l'autorità del Consiglio di Stato e si è rivolto ai colleghi della Cassazione. Il ricorso per "eccesso di potere" sarà discusso il 23 novembre. Prima di allora difficilmente il Csm metterà mano alla pratica romana, sfrattando Prestipino. La nomina del procuratore di Roma è il frutto avvelenato del Palamaragate.

L'ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati aveva rivelato nel libro "Il Sistema" scritto con il direttore Alessandro Sallusti i pesanti giochi di potere dietro la scelta del capo della Procura più importante del Paese, quella che, secondo una vulgata in voga durante la Prima Repubblica, vale come "due ministeri". Prestipino era l'erede naturale dell'ex procuratore Giuseppe Pignatone, attuale presidente del Tribunale Vaticano. Pignatone, come affermato sempre da Luca Palamara, è stato uno dei perni del "sistema" che condiziona le nomine in magistratura. E fu Pignatone ad avvisare Palamara che stavano facendo accertamenti nei suoi confronti, consigliandogli di rinunciare a fare carriera a Roma.

 

 

 

Un ribaltone dal momento che, come sostiene ancora Palamara, fu lui a mettere in pista la nomina di Pignatone a capo della procura di Roma nel 2012, battendo la concorrenza di Giancarlo Capaldo. Palamara aveva esaudito tutti i desiderata di Pignatone, caldeggiando il trasferimento a Roma dei suoi stretti collaboratori e la promozione di magistrati di sua fiducia. «Lo aiuto a circondarsi di investigatori di sua scelta - qualcuno dirà che si era fatto una polizia privata - ma soprattutto m' impegno a portargli a Roma come vice il suo braccio destro di sempre, Prestipino, che era rimasto a Reggio Calabria a fare la guardia all'ufficio». Per uno scherzo del destino saranno proprio quegli ufficiali di polizia giudiziaria a condurre le indagini contro Palamara che ne hanno determinato la cacciata dalla magistratura.

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