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Giustizia, chi usa l'Ucraina per fermare la riforma: l'ultima vittima innocente di questa guerra

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Alessandro Giuli
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Fra le vittime innocenti della guerra russo-ucraina potrebbe esserci anche la riforma della giustizia? Così pare, vista la lentezza da guerra di trincea con la quale procede la legge Cartabia, dal nome della ministra Guardasigilli incaricata di portare a destinazione entro il 2022 una mezza rivoluzione copernicana che investe soprattutto il Consiglio superiore della magistratura. Il che peraltro è espressamente richiesto dall'Unione europea come precondizione per ricevere una cospicua tranche dei fondi del Pnrr. Fatto sta che il testo non arriverà in Aula alla Camera prima del 28 marzo, e nel frattempo è atteso in commissione Giustizia di Montecitorio per giovedì prossimo. Un lieve segnale di accelerazione sembrerebbe giunto, in effetti, da parte del presidente pentastellato Mario Perantoni, il quale ha dato una sforbiciata notevole agli emendamenti presentati (60 subemendamenti sono già decaduti) invitando i partiti a ragionare soltanto sulle modifiche proposte dal governo e sui cosiddetti emendamenti "segnalati" dai gruppi parlamentari (circa 250).

 

 

Risultato paradossale: malumori diffusi e trasversali. Per dare l'impressione di non voler perdere tempo, la larga maggioranza sta scavando fossati al proprio interno, oltreché nei confronti dell'opposizione di Fratelli d'Italia, e gli emendamenti messi alla porta sbrigativamente rischiano di resuscitare in Aula una volta arrivato il testo fuoriuscito dalla commissione (il presidente della Camera, Roberto Fico, sta già ricevendo pressioni da varie latitudini per non replicare le cieche rasoiate di Perantoni). Insomma un caos nemmeno troppo calmo, cui fa da rumore di fondo la forte contrarietà dei togati che in 142 pagine di parere contestano il nuovo sistema di elezione del Csm troppo sbilanciato - sostengono loro - in senso maggioritario, la stretta contro gli illeciti disciplinari e le rigidità introdotte contro le porte girevoli fra i tribunali e i Palazzi della politica. Di là da ogni tecnicalità, l'impressione generale è che il «punto di sintesi» promesso dalla ministra Cartabia sia ancora abbastanza lontano e che potrebbe coincidere con un rinvio di fatto, ovvero con una lenta agonia nelle sabbie mobili parlamentari.

 

 

AGGRESSIONE
Le conseguenze dell'aggressione russa contro l'Ucraina hanno in effetti riscritto la gerarchia delle priorità politiche nazionali e internazionali, rendendo necessarie misure adeguate di contenimento rispetto all'aumento dei prezzi, ma anche in tale riscrittura si fatica a comprendere la ragione per cui la riforma del catasto sia d'improvviso assurta al rango di necessità impellente - quando sarebbe bastato invece un atto amministrativo - mentre la riforma della giustizia è uscita dal discorso pubblico per rintanarsi all'ombra di un confronto politico-istituzionale ancora inconcludente dopo diversi mesi perduti in chiacchiere. L'ultimo richiamo all'ordine da parte di Mario Draghi nei confronti dei partiti, sollecitato anzitutto da Cartabia, risale a quello che ormai possiamo definire il nostro anteguerra d'inizio anno. Nella circostanza, il presidente del Consiglio lasciò intendere che non avrebbe accettato di galleggiare oltremodo sulla palude limacciosa in cui la maggioranza si stava incagliando all'indomani della rielezione di Mattarella al Quirinale. Oggi, è vero, ci troviamo al cospetto di uno scenario inatteso caratterizzato dalle tempeste d'acciaio d'un conflitto europeo. Ma nel frattempo le settimane scorrono e la legislatura, malgrado il perdurare di uno stato d'emergenza che può lasciar presagire qualsiasi incognita, si avvia alla propria fase terminale senza che la riforma della giustizia sia in dirittura d'arrivo. Prima o poi, sperabilmente al più presto, la classe dirigente italiana sarà chiamata a occuparsi del dopoguerra e allora diventerà evidente a tutti la gravità dell'occasione mancata. I primi ad accorgersene saranno i burocrati di Bruxelles, che in questo momento sono comprensibilmente distratti dai bombardamenti di Putin ma torneranno di certo a chiederci conto dei nostri compiti disattesi.

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