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Giuseppe Pagliani, sfogo drammatico: "Intercettati politici del Pd, solo io indagato"

Paolo Ferrari
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«Va assolutamente "riaperto" il processo Aemilia: mi appello al procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, il magistrato con più esperienza nel contrasto all'ndrangheta». Lo ha chiesto ieri Giovanni Paolo Bernini, esponente di Forza Italia a Parma, all'indomani dell'assoluzione definitiva da parte della Cassazione di Giuseppe Pagliani, suo collega di partito a Reggio Emilia. I due politici forzisti nel 2015 vennero travolti dalla maxi inchiesta sulla' ndrangheta al Nord condotta dalla Dda di Bologna che portò all'arresto 160 persone, di cui 117 solo in Emilia. Fra le accuse per entrambi, concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio politico-mafioso. Bernini venne assolto già in abbreviato mentre per Pagliani era partita la classica "giostra giudiziaria".

 

 

 


Scarcerato dal Riesame, assolto in primo grado, condannato a 4 anni di carcere in appello. Nel 2018 la Cassazione dispose un nuovo processo d'appello al termine del quale, a differenza della volta precedente e nonostante la procura generale avesse chiesto la conferma della condanna, Pagliani verrà assolto. La procura generale nei mesi scorsi si era rivolta in Cassazione contro l'assoluzione ma il ricorso è stato dichiarato inammissibile e la sentenza è diventata definitiva, «Se fossi stato di sinistra non avrei mai avuto questo attacco», ha detto Pagliani appresa la notizia del suo proscioglimento da tutte le accuse. Il riferimento di Pagliani è al fatto che in questa indagine non c'è stato alcun indagato del Pd, nonostante le numerose intercettazioni agli atti degli inquirenti abbiano attestato come le cosche calabresi di stanza di Emilia intrattenessero rapporti con esponenti di punta dei dem. «È mai possibile solo ipotizzare che in un processo alla mafia di queste dimensioni ci siano esclusivamente esponenti di Forza Italia quando è noto che i clan calabresi hanno fatto lottizzazioni immense in tutta la regione, soprattutto nei comuni di Reggio Emilia e Modena, comuni dal 1945 sempre a guida Pci-Pds-Ds-Pd?», si domanda Bernini.

 

 

 

 

Il pm titolare del processo Aemilia era stato Marco Mescolini, un tempo capo ufficio del vice ministro dello Sviluppo Economico, il senatore Roberto Pinza (Pd), durante il governo Prodi del 2006-2008, Mescolini era diventato famoso anche per essere stato un assiduo chattatore con Luca Palamara al quale chiese, ottenendolo, di essere promosso procuratore di Reggio Emilia. Le chat fra i due avevano poi determinato da parte del Csm il trasferimento per incompatibilità di Mescolini alla Procura di Firenze. Fra i motivi del provvedimento, quello di essere un magistrato che "aveva a cuore" le sorti degli esponenti locali del Pd. Era stato Bernini a sottolineare per primo questo aspetto nel suo libro che raccontava i retroscena dell'indagine Aemilia dove non erano mai stati valorizzati gli esiti investigativi dei carabinieri sui rapporti fra i politici locali del Pd e i clan cutresi. L'allora procuratore di Bologna Roberto Alfonso aveva dichiarato che erano tanti gli aspetti da approfondire emersi durante quell'indagine. E Roberto Pennisi, il sostituto della Dna che era stato applicato al procedimento, aveva chiesto di non essere riconfermato proprio per contrasti sulla conduzione delle investigazioni e sui soggetti da sottoporre a custodia cautelare. Ora la parola spetta a Gratteri.

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