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Giustizia, altro che riforma "epocale": con tutti i nodi irrisolti, siamo fermi

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Iuri Maria Prado
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La riforma della giustizia civile impasticciata per prendere i soldi, cioè debiti, del Pnrr è ormai cosa fatta. L'impianto generale è semplice ed è fondato su due pilastri. Il primo: sgravare l'amministrazione dal peso che la affligge appaltando una parte del lavoro a dei mediatori, cioè la fungaia di organismi cui il cittadino deve obbligatoriamente rivolgersi per far valere i propri diritti. Il secondo: accelerare il corso della giustizia facendo correre i cittadini che ad essa si rivolgono e lasciando in santa pace quelli che la amministrano.

 

 

Non entriamo in dettagli perché sono parecchio noiosi, ma a questo in buona sostanza si riduce l'intervento "epocale" con cui per la ventottesima volta in qualche anno si cambiano le carte in tavola del processo civile, senza che ne venga nulla di nemmeno remotamente efficace a migliorarlo. Già il primo fronte della riforma, quello che allarga a dismisura la quota di giustizia rimessa in mediazione obbligatoria, si denuncia per quel che è: l'abdicazione della funzione giudiziaria, con lo Stato che in questo modo fa coming out sulla sua incapacità di rendere un servizio essenziale (è come chiudere le autostrade perché c'è troppo traffico).

 

 

Ma anche il resto dell'intervento legislativo presenta lo stesso baco, vale a dire l'idea- e adesso purtroppo la pratica- per cui se un servizio funziona male bisogna bastonare sulla testa quelli che ne usufruiscono anziché aiutare, e pungolare quando serve, chi è incaricato di assicurarlo (la riforma è una costellazione di pene pecuniarie per chi fa il discolo davanti alla santità togata, mentre questa è libera di stabilire se, come e quando questo rompiscatole del cittadino ha diritto di avere udienza). Pressappoco la riforma è questa, dunque: siccome prima ti cucchi obbligatoriamente il mediatore, un magistrato che si occupi della tua causa in tempi ragionevoli puoi scordartelo. Se poi ci arrivi, quello fa come gli pare e quando gli pare. 

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