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Davigo ko, "Il Sistema" non l'ha diffamato: il marcio in magistratura è verità

Paolo Ferrari
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Da "giustizialista" a possibile "giustiziato". È il destino di Piercamillo Davigo, ex pm di Mani pulite e magistrato simbolo del rigore e della linea dura nei confronti di chi delinque, soprattutto se si tratta di politici. Il tribunale di Padova ha archiviato questa settimana la querela presentata da Davigo nei confronti del direttore di Libero Alessandro Sallusti e di Luca Palamara, ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati, da lui accusati di avergli leso «l'onore e la reputazione professionale». Il motivo? Un capitolo del libro "Il Sistema", scritto da entrambi per Rizzoli, in cui erano stati ricostruiti alcuni episodi della vita di Davigo, ad iniziare dalla sua bocciatura nel 2018 per l'incarico di presidente aggiunto della Corte della Cassazione, il numero due dei magistrati italiani.

Palamara e Sallusti avevano poi raccontato la vicenda dell'esposto presentato da un magistrato romano nei confronti dell'allora procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e gli scontri interni alla magistratura per la successione di quest'ultimo. Davigo, in particolare, aveva espresso la preferenza per l'attuale procuratore di Milano Marcello Viola, il magistrato che era stato "segnalato" durante una cena a cui avevano partecipato, oltre a Palamara e alcuni componenti del Csm, anche i parlamentari Luca Lotti e Cosimo Ferri. Quest'episodio era costato a Palamara il procedimento conclusosi con la sua radiazione. E Davigo era stato fra i componenti di quel collegio disciplinare.

Nel 2016, prima che scoppiasse lo scandalo delle nomine, Palamara era anche andato a pranzo con Davigo a Roma nei pressi del Csm alla trattoria "Lo zozzone". I due avevano discusso se fosse possibile trovare spazio per un'altra corrente della magistratura, oltre a quelle storiche di destra e di sinistra. «Ebbi subito l'impressione che Davigo fosse estraneo alle logiche e ai meccanismi correntizi, ma credo che di lì a poco, eletto presidente dell'Anm, andò a sbatterci contro», raccontò Palamara. Davigo, in effetti, aveva creato una corrente, Autonomia&indipendenza, che inizialmente ebbe un grande successo. Andato in pensione, il gruppo si era sciolto come neve al sole e ora non ha più rappresentanti al Csm.

Tornando alla querela dell'ex pm di Tangentopoli, già lo scorso marzo era sta chiesta l'archiviazione non essendo emerso nulla di penalmente rilevante. Davigo, però, aveva immediatamente fatto opposizione, chiedendo anche che venissero svolte «ulteriori indagini». Il gip Claudio Marassi, oltre a negare investigazioni che non potevano «contribuire all'acquisizione di elementi nuovi ed idonei a modificare la situazione attuale», ha deciso allora di archiviare definitivamente il fascicolo, «non sussistendo elementi incontrovertibili idonei a provare la penale responsabilità degli indagati». Archiviata la querela, Davigo avrà tempo per concentrarsi sull'udienza la prossima settimana al tribunale di Brescia dove è alla sbarra per rivelazione del segreto. I fatti risalgono alla primavera del 2020, quando Davigo aveva ricevuto dal pm milanese Paolo Storari i verbali degli interrogatori di Piero Amara, ex avvocato esterno dell'Eni, nei quali era descritta l'esistenza di una loggia paramassonica super segreta chiamata "Ungheria". A farne parte, magistrati, esponenti delle forze di polizia, professionisti, dirigenti. Scopo della loggia, quello di pilotare le nomine delle toghe al Csm ed aggiustare i processi nei confronti degli "amici". Davigo aveva fatto girare questi verbali, violando così, per i pm che l'hanno indagato, il segreto investigativo. 

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