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Saviano, le sue giustificazioni? Teorie e auguri da bastardi

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Iuri Maria Prado
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Forse non bisognerebbe querelare nessuno. Nemmeno Roberto Saviano e forse nemmeno se ti dà di bastardo. Esistono altri strumenti per difendersi, anche di tipo giudiziario, e le multe e la galera sarebbe meglio che fossero accantonate. Ma è doppiamente inammissibile la giustificazione che Saviano ha opposto a chi ha chiesto che fosse sanzionata la diffamazione di cui si è reso responsabile: ha detto, come tutti sanno e come Libero ha raccontato ieri, che il processo a suo carico sarebbe ingiusto perché lui è uno scrittore, il che suppone che di analoga guarentigia non potrebbe godere un ciabattino o un manovale che si lasciasse andare a quell'insulto.

 

 

Immunità da romanziere, diciamo. Inoltre, ed è questo il tratto più grave e detestabile della sua giustificazione, è che in realtà ne nasconde un'altra: e cioè che dare del bastardo si può se l'insulto è "meritato" da chi lo prende. Nella specie, uno che dice cose che a Saviano non piacciono. Ma è consapevole, Roberto Saviano, delle conseguenze che porterebbe quel principio?

 

 

Qualcuno, per esempio, potrebbe dargli del bastardo perché qualche tempo fa prefigurava un destino carcerario per Matteo Salvini. Aveva detto proprio così: che per vedere Salvini in carcere «basterà che si spengano le luci». Come a dire: fai che poco poco le glorie elettorali del capo leghista sentano l'assedio del riflusso democratico, ed ecco servito il tempo della giustizia finalmente libera di trionfare sul ministro della malavita. C'era parecchia violenza plebea in quella previsione, e a giudizio di qualcuno assomigliava parecchio all'augurio che poteva formulare un bastardo. Sarebbe dunque stato legittimo chiamare in quel modo Roberto Saviano? 

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