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Zagrebelsky, pur di attaccare il governo fa il processo alle non intenzioni

Francesco Specchia
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Gustavo Zagrebelsky accademico, ex presidente delle Consulta, già candidato al Quirinale, è pregiato costituzionalista. E ha sicuramente un sosia che s' insicasina da solo mentre verga editoriali ispirati al fantascientico Minority Report in cui PK Dick inventa la "precrimine", una polizia che arresta i criminali prima che il reato si realizzi. Un strepitoso processo alle (non) intenzioni. Accade che il sosia di Zagreblesky firmi un pezzo titolato La sindrome che confonde la vittoria elettorale con il senso d'onnipotenza. E con stupore scopriamo due cose: a) il sosia non si riferiva a D'Alema o Renzi ma a Meloni e ai suoi; b) nonostante la prosa ai bigodini imiti quella del vero Zagrebelsky, il contenuto del testo è di certo del sosia perché una serie di inesattezze, approssimazioni, slanci d'ego e offese alla istituzioni così, be', il vero Zagrebelsky mai l'avrebbe prodotte.

 

 

L'escalation narrativa del sosia è quasi affascinante. Dopo un vischiosissimo pippone da primo anno di giurisprudenza, fa intendere che la premier sia insofferente a Bankitalia «specie quando spesa e indebitamento sono concepiti come strumento di consenso elettorale» ma nessuno gli spiega che non solo -seguendo Draghiil governo non fa debito non autorizzato dalla Ue; ma neppure che Bankitalia abbia un giudizio complessivamente positivo e compiaciuto sulla legge di bilancio. Il sosia, poi, addebita al governo la pericolosa «discussione del primato del diritto Ue sul diritto nazionale»; ma nel maggio del 2020, fu la Corte Costituzionale tedesca a chiedere alla Banca Centrale Europea di giustificare i suoi acquisti di debito sui mercati, nonostante la Corte europea di Giustizia li avesse già autorizzati fin dal 2018.

 

 

Dopo, il sosia evoca Nordio, accusandolo di «mettere in riga» la magistratura; ma Nordio parla di abuso di intercettazioni, di separazione di carriere e riforma della giustizia, ben accettate da metà dell'opposizione. Dopodiché, il suo scenario fantascientifico: «Che cosa accadrà se la Corte Costituzionale osasse annullare le decisioni del governo?». O se «il Presidente della Repubblica facesse qualcosa di analogo in nome dell'unità nazionale? E se poi si arrivasse all'investitura elettorale diretta del presidente, in questo quadro di garanzie scricchiolanti?». Be'. Arrivasse la modifica - dice pure il Cassese «non è affatto un attentato alla Costituzione», neanche in senso presidenzialista (anzi, magari dà un po' di stabilità agli esecutivi). Il sosia chiude richiamando per il governo una «sindrome d'onnipotenza condita da rozzo nazionalismo, intolleranza, linguaggio e simbologia varia». Che, oltre ad essere un'idiozia, potrebbe configurare il reato di cui all'art. 290 c.p, vilipendio della Repubblica (I sez. pen. Cassazione sentenza 35988/2019). Ma questo il vero Zagrebelsky lo sa. Il sosia no.

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