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Open Arms, De Falco in aula: "Cosa mi disse la Trenta", complotto contro Salvini?

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"Nell'agosto del 2019, quando chiesi all'ex ministra alla Difesa Elisabetta Trenta di non firmare un nuovo decreto di interdizione per la nave Open Arms che voleva Matteo Salvini, lei mi disse che questa posizione di Salvini avrebbe contribuito ad esaltarne la figura e a raccoglierne ulteriori consensi e avrebbe messo in difficoltà il M5s, ma mi aveva detto che non avrebbe firmato il decreto". A parlare è l'ex senatore grillino Gregorio De Falco, deponendo al processo Open Arms in corso nell'aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo, per la prima udienza dopo la pausa estiva. Salvini, in qualità di ministro degli Interni all'epoca dei fatti, è imputato per sequestro di persona e rifiuto di atti di ufficio. Il leader della Lega è in aula, accompagnato dal suo avvocato difensore Giulia Bongiorno.

"Si paventava la possibilità di tornare di nuovo alle urne - prosegue De Falco, poi uscito dai 5 Stelle e oggi ufficiale della Capitaneria di porto di Napoli -. Io il 15 agosto 2019 chiesi al ministro Trenta di non firmare il decreto perché quel decreto già contrastante con convenzioni internazionali ed era anche sospeso dal Tar del Lazio, dunque una reiterazione avrebbe comportato una violazione ancora più aberrante del diritto delle persone. Il soccorso marittimo non si esaurisce con il salvataggio ma quando i naufraghi sono sulla terraferma".

 

 

 

Ma sono proprio le parole della Trenta riportate da De Falco a sottolineare come la bagarre sulla Open Arms sia stata soprattutto politica. "Nell'agosto del 2019 il governo era quello 'gialloverde', composto dalla Lega e dal M5s. Io ero stato nel M5S fino all'espulsione per dissensi sulla linea del partito - prosegue nella sua ricostruzione il capitano -, però avevo mantenuto rapporti con alcuni di loro. In quella circostanza e dopo l'intervento del Tar Lazio che aveva sospeso l'interdizione alla navigazione della nave, scrissi un messaggio all'ex ministra della Difesa Elisabetta Trenta. Le chiesi di non firmare un ulteriore decreto che si profilava all'orizzonte che fonti di stampa davano già per diramato dal ministro Salvini. Le chiesi di non firmare un ulteriore decreto di interdizione, perché avrebbe costituito un aggiramento del provvedimento giudiziario. La ministra mi disse che anche l'allora ministro Toninelli non avrebbe voluto firmare quel decreto di interdizione".

 

 

 

Per la prossima udienza, prevista il 6 ottobre, è attesa la deposizione in aula di Richard Gere. A chiedere la sua presenza in aula è stato all'inizio del processo l'avvocato Arturo Salerni, legale di parte civile della Open Arms, che ha dato la conferma prima dell'inizio dell'udienza anche all'avvocata Giulia Bongiorno. Il 9 agosto del 2019 il divo di Hollywood era salito sulla nave della Ong spagnola che si trovava al largo di Lampedusa con 121 migranti a bordo. "Abbiamo portato tutta l’acqua e il cibo possibile", aveva detto in un videomessaggio Gere a bordo della Open Arms. "Vengono tutti dall’Africa mentre l’equipaggio da tutte le parti del mondo, maggiormente dall’Europa. Stanno tutti bene, prima erano su due barche nel mezzo del mare. Una delle due è tornata indietro, presa dalla guardia costiera libica. Non sappiamo cosa sia accaduto a loro". E ancora: "Le persone che vedete a bordo – continua – sono qui solo grazie alle donazioni fatte a Open Arms. E ora la cosa più importante per loro è arrivare in un porto libero/sicuro, scendere dalla barca e iniziare una nuova vita. Quindi per favore supportateci, supportate la Open Arms e tutte queste persone e i loro fratelli e sorelle", aveva concluso.

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