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Olindo e Rosa, confessioni estorte e audio taroccati: tutti i buchi

Edoardo Montolli
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La strage di Erba fu il caso mediatico per eccellenza. Vi erano tre prove considerate granitiche contro di loro: Mario Frigerio, il superstite, aveva riconosciuto Olindo come suo aggressore; c’era una macchia di sangue sull’auto della coppia. E poi le confessioni, successivamente ritrattate invano, che dicevano dettagliatissime. Così, molto prima che cominciasse il processo, il caso fu dato subito per chiuso da tutti. Uscirono perfino una fiction e un libro che davano per scontata la loro colpevolezza. Quando iniziai ad occuparmente con Felice Manti, nel novembre 2007, la gogna era ai massimi livelli. Ma, varcando la soglia dell’ufficio milanese dell’avvocato Fabio Schembri, ci accorgemmo che per 11 mesi era stata raccontata una storia che negli atti non c’era. A partire dal riconoscimento di Mario Frigerio che, per giorni, aveva indicato tutt’altra persona rispetto al più basso Olindo: un uomo olivastro, più alto di lui fino a 10 centimetri e mai visto prima, che invitava a cercare tra gli extracomunitari di etnia araba che frequentavano casa di Raffaella Castagna. Non c’era poi una foto della macchia di sangue sull’auto, della cui esistenza assicurava soltanto il brigadiere che l’aveva repertata, il quale tuttavia, non sapeva altro di quel verbale: nemmeno che non fece tutto da solo, contrariamente a quanto sostenuto.

QUANTI ERRORI
Quanto alle confessioni, erano totalmente sballate, rilasciate guardando le foto e a lei erano state rilette tutte le dichiarazioni del marito. Ecco perché, dopo ore e ore, combaciavano. Il Ris, soprattutto, non aveva trovato tracce delle vittime nella casa di Olindo e Rosa, dove pure i due si erano cambiati. Né di Olindo e Rosa nel palazzo della mattanza, dove però erano state trovate tracce di tutti: vittime, carabinieri, soccorritori. E anche sconosciuti: una, contrassegnata come “2D”, era contemporanea alla strage e di utilità dattiloscopica. Ma quando uscì il nostro libro, Il grande abbaglio, fummo travolti delle polemiche. Ci fu anche chi ci accusò di essere pagati dallo spazzino e da sua moglie analfabeta. Il pm Massimo Astori ci attaccò in aula sostenendo che fosse una «calunnia» il fatto che a Rosa fossero state lette tutte le dichiarazioni di Olindo. Peccato che il fatto che gliele avessero rilette tutte era attestato sul suo stesso verbale d’interrogatorio, in tre punti alle pagine 4 e 6. Ma tutti smentivano i fatti: il primo legale d’ufficio della coppia, Pietro Troiano, rilasciava interviste in cui sosteneva che non gli risultava che fosse stato riletto alcunché, anche se da verbale era stato addirittura lui a correggere Rosa sulla versione giusta e riletta da confermare.

 

 

Il problema è che, avendo dato per chiuso il caso da subito, i giornalisti non leggevano gli atti. Nel libro avevamo scritto che la macchia di sangue poteva essere giunta sull’auto per contaminazione: i 4 carabinieri che erano saliti nel palazzo della strage erano infatti gli stessi che poco dopo erano saliti sull’auto di Olindo. Ma in aula il comandante dei carabinieri di Erba, Luciano Gallorini, disse che nessuno dei 4 carabinieri che avevano firmato la perquisizione dell’auto l’aveva fatta. E che la stessa era stata fatta da un quinto carabiniere che però, sul verbale, non c’era. A noi sembrava di vivere una realtà distopica. Il processo di Como si chiuse con un audio fatto sentire in aula dalla Corte d’Assise in cui il testimone, il 15 dicembre 2006, mentre descriveva un aggressore olivastro, diceva: «È stato Olindo». Ma non era possibile: e non solo perché nessun perito, nè consulente lo aveva sentito, ma perché nessuno dei presenti a quell’interrogatorio, 5 persone più lo stesso Frigerio (!!!) se n’era accorto. L’audio risultò infatti in appello essere stato modificato con un software che aveva trasformato la frase «stavano uscendo» in «è stato Olindo». Ma non si decise di riaprire il dibattimento.

 

 

NUOVE SCOPERTE
Dal 2010 iniziai a pubblicare sul settimanale Oggi nuove scoperte: i giudici avevano scritto che Olindo e Rosa non parlavano mai della strage. In realtà mi accorsi che semplicemente i carabinieri non avevano allegato le intercettazioni dal 12 al 16 dicembre. Prima della scomparsa e subito dopo la coppia parlava quasi esclusivamente della strage. Ma erano scomparsi anche 13 giorni di intercettazioni del testimone in date cruciali. E c’erano diversi audio successivi all’asserito riconoscimento di Olindo del 20 dicembre 2006 davanti a Gallorini che erano considerati «non utili»: in questi Frigerio non ricordava assolutamente nulla dell’aggressione. C’era pure un incontro segreto tra i carabinieri e il testimone, il giorno prima che questi cambiasse versione e mai entrato in atti. Eppure, fino a quando non abbiamo raccontato anni dopo a Le Iene queste e molti altri fatti, è come se avessimo vissuto in una realtà parallela. Ora queste scoperte sono state analizzate dai consulenti della difesa e sono entrate nella richiesta di revisione del processo. Ci sarà molto da dire, anche dopo che molti reperti mai esaminati sono stati distrutti il giorno in cui la Cassazione aveva deciso di farli analizzare, nonostante il divieto esplicito di due giudici. 

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