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Giovanni Toti, vergogna di Pd-M5s: a Genova il toga-party per le manette

Giovanni Toti

Pietro Senaldi
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L’arresto di Giovanni Toti? Un affare da Guardasigilli. Non l’attuale, Carlo Nordio, che dopo quarant’anni di esperienza come pubblica accusa si è permesso di far notare la strana tempistica di un fermo che arriva a oltre tre anni dall’inizio dell’inchiesta. La partita la sta giocando un (ex) Guardasigilli occulto, l’Orlando indemoniato, nome di battesimo Andrea, mammasantissima dem ed indimenticato ministro della Giustizia dalle procure di mezza penisola. Non è neppure laureato in legge, ma per le toghe il suo pensiero in diritto vale più di quello di Giustiniano.

Orlando è di La Spezia, è stato vicepresidente del Pd e, con Dario Franceschini, gran capo bastone. Ora che c’è Elly Schlein non è che sia finito in panchina, ma pirla in giro senza ruolo, come direbbero a Milano. La segretaria l’avrebbe spedito volentieri in Europa, ma lui ha quattro quarti di sangue rosso e quindi, malgrado si dica europeista anche sotto tortura, ha fatto di tutto per scansare l’onore, riuscendovi. Tornare a sciacquarsi i panni nel mare di casa sarebbe una tappa salutare per il suo curriculum, prima che anche l’armocromista della segretaria passi di moda.

 

 

 

M5S e Pd, insolitamente uniti nella pugna, stanno battagliando per lui. «Non si può continuare come se nulla fosse» tuona Fabio Tosi, capogruppo grillino in consiglio regionale, dando seguito alle parole del leader, Giuseppe Conte, che ha puntato come sempre sulla “questione morale”, affermando che è amorale che Toti non si dimetta. Nella stessa direzione spingono i dem, parlando di «grave impatto dell’inchiesta sula trasparenza e l’onorabilità del governatore» nonché di «atti giudiziari che ledono in maniera insopportabile il prestigio delle istituzioni», e invitando tutto il centrodestra a trarne le conseguenze e sgombrare il campo a elezioni anticipate.

Il centrodestra è molto scosso. “Liguria decapitata” ha titolato il Secolo XIX, ed è abbastanza vero. L’ex vicepresidente, il leghista Alessandro Piana, ha preso le deleghe del governatore e si è ritrovato in sella. Il centrodestra nazionale da Roma ha «espresso pieno sostegno al nuovo presidente». Da via Garibaldi 9, sede del municipio, il sindaco Marco Bucci assicura che si va avanti, non nel senso che si tira innanzi, ma che si procede spediti. Il 24 maggio verrà posta la prima pietra della Diga, un lavoro monumentale, destinato ad aumentare la capienza del porto, sul quale parrebbe che la procura stia indagando.

La Liguria non è decapitata ma operativa, è il messaggio che arriva da tutta la coalizione. Il punto è che è tutto legato alle dimissioni di Toti, che il governatore non dà, la sinistra gli chiede e il centrodestra non vuole assolutamente, perché porterebbero a elezioni anticipate alle quali non si sa neppure come approcciarsi. I maligni pensano che Toti possa rimanere agli arresti finché non getterà la spugna, una tattica che le Procure usavano ai tempi di Tangentopoli: arrestare per ottenere uno scopo, non per sventare un reato. Domani il governatore incontrerà i suoi accusatori. In punta di diritto, l’ordinanza d’arresto è debole: fermato perché non reiteri il reato di cui è sospettato, corruzione elettorale; ma lui non si candida alle Europee, in Regione si vota tra un anno e mezzo e per far desistere qualcuno dal commettere azioni discutibili è sufficiente un avviso di garanzia. L’arresto serviva a fare dell’indagine un caso nazionale, dare un colpo alla giunta. Protrarlo sarebbe funzionale alle dimissioni, a far saltare il tavolo e riesumare Orlando dagli abissi del Nazareno.

 

 

 

Oggi è il turno dai pm di Paolo Emilio Signorini, l’unico in cella. Tutti si aspettano che parli, perché il passaggio dalle suite di lusso di Montecarlo, con annessi massaggi da 350 euro, al carcere di Marassi e choccante. La partita però non è solo politica. Sul piatto ci sono progetti per sette miliardi di euro che dovrebbero far decollare il porto di Genova, aumentandone i volumi del 40% entro il 2030. Già oggi l’Autorità incassa cinque miliardi l’anno solo di Iva, per dare un’idea delle cifre in ballo. Il sistema Toti non ha arricchito solo gli affaristi, come si legge da chi vuol mandare in vacca tutti e riprendere il timone senza sapere dove e come condurre la barca. C’è un piano edilizio che prevede la rivalutazione degli immobili cittadini per complessivi cento miliardi. Fino alla settimana scorsa, comprare casa a Genova era un affare.

 

 

 

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