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Giovanni Toti non vuole dimettersi: studia le carte e prepara l'interrogatorio

 Giovanni Toti

Pietro Senaldi
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Al suo battesimo del fuoco, il governo regionale decapitato ha dato ottima prova di sé. Ha approvato delibere in serie annichilendo l’opposizione, che si aspettava di trovarsi davanti degli zombie. Lo stesso Ferruccio Sansa, che sfidò Toti quattro anni fa e che la sinistra ha ormai abbandonato, ha morso meno del previsto. La contestazione è stata affidata a sei cittadini di numero, che hanno compostamente esposto dei cartelli che invitavano il presidente a fare le valigie. Poca cosa, tutto sommato.

Sono invece state prese come un balsamo tonificante le parole della premier Giorgia Meloni, martedì sera, che ha dichiarato pubblicamente di apprezzare come Toti ha governato la Liguria e gli ha dato credito almeno fino all’interrogatorio. La giunta torna a riunirsi domani e l’intenzione di tutti è tenere duro finché il presidente non sarà rimesso in libertà, anche qualora ci volessero dei mesi.

La città intanto è terrorizzata da un possibile ritorno della sinistra al potere. Negli ultimi anni della Prima Repubblica Genova era arrivata ad avere quasi un milione di abitanti. Nel lungo inverno dei governi di sinistra è scesa a 570mila, di cui 70mila ecuadoregni e solo negli ultimi anni ha provato a rialzarsi, con i giovani, che prima cercavano tutti fortuna fuori, riapparsi timidamente nelle strade. La paura che l’inchiesta si allarghi e gli investimenti sulla città, sette miliardi di euro per farla diventare il porto più importante d’Europa, si fermino è grande. 

 

Si sta un po’ come a Kabul alla vigilia del ritorno dei talebani o in Lombardia nei giorni precedenti il lockdown da Covid. Quando, una quindicina d’anni fa la Procura di Genova si mosse per arrestare l’allora presidente dell’Autorità Portuale, Giovanni Novi, poi assolto con tutti gli imputati dopo un calvario protrattosi per sei anni e mezzo, a dirigere lo scalo venne messo Luigi Merlo, antico sodale di Claudio Burlando, allora dominus del partito in Liguria. Il porto rimase paralizzato per tutti i suoi due mandati ma la perla fu la perdita dei 58 milioni che Novi era riuscito a spuntare dal direttore nazionale dei porti peri bacini di carenaggio genovesi. Merlo lasciò scadere i tempi e concluse il suo incarico da incensurato. Niente fare, paura non avere.

 

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