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Liguria, indagine-farsa sulla talpa in Procura

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Giovanni M. Jacobazzi
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Dopo la fuga di notizie, la pubblicazione di intercettazioni penalmente irrilevanti, i reati solo ipotizzati dai media, ecco fare la sua comparsa nell’inchiesta che ha terremotato la regione Liguria la “gola profonda”. O, per meglio dire, la “talpa”. La Procura di Genova, da quanto si è appreso, avrebbe infatti aperto un fascicolo, al momento a carico di ignoti, per capire chi possa aver fornito informazioni sullo sviluppo del procedimento agli indagati. Alla base della convinzione degli inquirenti che ci sia stata una talpa, ci sarebbe una intercettazione ambientale, effettuata nel capoluogo ligure nei confronti dei fratelli Arturo e Maurizio Testa, esponenti di Fi in Lombardia, ed alcuni soggetti della comunità riesina genovese. All’incontro, avvenuto a settembre 2020 e interamente registrato dai finanzieri con i microfoni direzionali, si era presentato anche un uomo con la felpa e il cappellino. «Viene riconosciuto in Umberto Lo Grasso (consigliere comunale totiano), annotarono i finanzieri.

L’uomo, ad un certo punto, dirà a Italo Testa: «Vedi che stanno indagando, non fate nomi e non parlate al telefono... Stanno indagando». Per tutta risposta Maurizio Testa rispose: «Si lo so, non ti preoccupare... L’ho stutato ("spento" in dialetto siciliano, ndr)». Questa condotta, aveva quindi scritto la giudice per le indagini preliminari Paola Faggioni, «appare in tal modo integrare il delitto di favoreggiamento personale, avendo il predetto- avvisando i fratelli Testa a non parlare al telefono.essendo in corso indagini (“stanno indagando”) - fornito un aiuto in favore dei predetti ad eludere le investigazioni a loro carico». Ma chi potrebbe aver avvisato Lo Grasso? Nell’inchiesta figura Stefano Anzalone, ex poliziotto ed esponente del movimento di Toti e anch’egli indagato. Le indagini, ma è una ipotesi, potrebbe orientarsi per cercare di scoprire il suo ruolo in questa vicenda. E quindi se possa essere stato avvertito dagli ex colleghi.

 

 


Ma questa, comunque, non è l'unica circostanza che ha insospettito gli inquirenti. Aldo Spinelli e Paolo Emilio Signorini, prima di salire sullo yacht, erano soliti lasciare i telefonini sul molo. La precauzione risulterà inutile visto che all’interno dell’imbarcazione di Spinelli erano state installate cimici ovunque. Una di queste registrò una conversazione fra Spinelli ed una amica, ora al vaglio degli investigatori. «C’abbiamo i telefoni sotto controllo (facendo riferimento a Signorini, ndr), sappiamo che c’abbiamo i telefoni sotto controllo, basta dirsi poco e niente... io a lui gli dico ci vediamo a colazione», dirà Spinelli. Sul fronte dell'inchiesta, intanto, ieri è spuntata una nuova intercettazione che, secondo l’accusa, dimostrerebbe i legami tra il governatore e i “riesini”. Nel febbraio 2022, nell’ufficio di Toti si discuteva della rielezione del sindaco di Genova Bucci. Toti avrebbe citato in una conversazione i gemelli Arturo Angelo e Italo Maurizio Testa: «E i riesini». Il capo di gabinetto Cozzani gli risponde : «Oh mio Dio...». Già dopo le regionali 2020, infatti, i Testa l’avevano contattato più volte, chiedendogli di assolvere alle presunte promesse, ad esempio trovare posti di lavoro a ragazzi «raccomandati» da loro. Dopo una discussione tra i membri dello staff, Cozzani riferisce di non poter parlare lui con i Testa: «Se nomi squartano». A quel punto Toti sarebbe intervenuto sul tema: «Ma perché, non gli abbiamo dato soldi? Cosa volevano i fratelli?».

 

 

 

 

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