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Dossieraggio, l'ex procuratore Russo: "Striano refrattario ai controlli. Scontro col pm di Milano sulla Lega"

Brunella Bolloli
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«Refrattario ai controlli». Il secondo tempo dell’audizione di Giovanni Russo in Antimafia entra nel vivo dell’organizzazione del lavoro alla Dna di via Giulia, la superprocura voluta dal giudice Falcone per combattere i fenomeni mafiosi e il terrorismo e oggi al centro dell’inchiesta per dossieraggio che ruota attorno al finanziere Pasquale Striano, autore materiale, secondo l’accusa, degli accessi abusivi ai danni di politici della maggioranza, imprenditori e sportivi. Quando i commissari chiedono a Russo, procuratore aggiunto presso la Direzione antimafia dal 2016 al gennaio 2023, perché nessuno abbia vigilato sull’operato dei presunti spioni, il magistrato risponde citando la «posizione ibrida» di Striano, nel senso che il tenente aveva «una doppia presenza presso la Dna e presso gli uffici della Gdf, che era un modulo organizzativo non condiviso con me». Una doppia funzione già messa a verbale in un primo colloquio con gli inquirenti dall’ex sostituto procuratore Antonio Laudati allora diretto superiore del finanziere e come lui indagato per violazione del segreto. «Io sostenevo che chiunque entrasse in Direzione nazionale antimafia dovesse lasciare una traccia delle presenze, in modo tale che in qualunque momento si potesse ricostruire chi c’era negli uffici», ha spiegato Russo incalzato dalle domande dei parlamentari, «Striano, essendo un aggregato, rifiutava di dare indicazioni di quando era presente in Dna».

L’attuale capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap), che sarà risentito una terza volta, tiene a precisare di avere messo dei «paletti», cioè di avere «riportato tutte le funzioni che avvenivano nella Dna nell’ambito delle regole prefissate». Come se prima ci fosse poca attenzione alle attività interne da parte del coordinatore gruppo Sos, che poi era Laudati. Ma con lui «nessuna guerra, sono tuttora convinto della sua grandissima qualità professionale», aggiunge l’ex collega provando a gettare acqua sul fuoco delle polemiche. «Avevo segnalato nel corso delle riunioni la mia opzione organizzativa: qualunque unità di lavoro in Dna deve prendere indicazioni scritte maniacalmente da parte di un magistrato. Lo avevo segnalato in diverse riunioni e non ero in guerra con Laudati». Anche di Striano Russo parla come di un investigatore molto preparato, peccato che dall’inchiesta risultino «220mila atti scaricati», fa notare la presidente della Commissione Chiara Colosimo: «Parliamo di una persona che in un solo giorno riesce a scaricare più di 10mila atti».

 

 

 

Scaricati, non solo cercati. E il deputato di Fdi, Giandonato La Salandra, chiede se i mancati controlli e la fuga di notizie per fini deviati possano avere compromesso le indagini della Finanza. In quel periodo il procuratore capo a via Giulia era Federico Cafiero De Raho, oggi deputato M5S nonché vicepresidente della commissione Antimafia. Ieri l’ex toga non era presente all’audizione di Russo, ma il suo nome è stato evocato più volte, in particolare a proposito di uno scontro con il procuratore capo di Milano, all’epoca Francesco Greco, sulle Sos ai danni della Lega, il partito più dossierato. «C’è un mio atto di inoltro al procuratore di Milano, come seguito rispetto ad un altro atto che era stato firmato dal Procuratore nazionale De Raho», ha detto Russo. «Noi ricevemmo una dura presa di posizione del procuratore di Milano, si doleva e la prendeva come un’interferenza».

 

 

 

Infatti non c’era niente di mafia o terrorismo, quindi perché questa intrusione? «A quel punto Cafiero convocò una riunione in cui mise il divieto assoluto di approfondimento, di Sos o qualunque altro tipo di pre-investigazione laddove non ci fosse un chiaro sospetto mafia o antiterrorismo». Sul vicepresidente M5S i capigruppo del centrodestra in Antimafia vogliono chiarezza: «Lavoreremo fino alla verità sui dossier». E il senatore di Fi, Maurizio Gasparri, rincara la dose: «Anche oggi la figura di Cafiero De Raho esce più che indebolita» e il riferimento è al fatto che, dal resoconto di Russo, «i risultati di alcuni accertamenti nelle banche dati venivano portati direttamente al procuratore Cafiero De Raho saltando i passaggi intermedi».

 

 

 

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