Sono note le vicende che hanno accompagnato la modifica del Codice della Strada: una riforma fortemente voluta dal Ministro dei Trasporti Matteo Salvini, contrastata dal centrosinistra e causata da una lunga serie di incidenti aventi come cause imprudenza, leggerezza e disattenzione. Le misure hanno riguardato l’inasprimento delle sanzioni per violazione dei limiti di velocità, per l’uso degli smartphone al volante, per la guida sotto gli effetti di alcol e droghe; il divieto per i neopatentati di guidare per i primi tre anni macchine potenti; la stretta in tema di installazione di autovelox, in passato un po’ troppo generosa e penalizzante, più per fare cassa piuttosto che per rafforzare concretamente la sicurezza sulle strade.
Polemiche a più non posso, con la riforma arrivata in porto solo a fine novembre 2024 dopo 353 emendamenti ed 8 ordini del giorno: e ciò nonostante che nel periodo intermedio Camera e Senato hanno approvato ulteriori disposizioni per tutelare l’incolumità di ciclisti e di conducenti a due ruote, come pure l’introduzione per i monopattini dell’obbligo di targa, casco ed assicurazione.
Di primaria importanza il pugno duro per chi guida in stato di ebrezza o sotto l’effetto di droghe: pesanti pene pecuniarie, pene detentive crescenti, sospensione temporanea della patente di guida, obbligo nei casi più gravi di installare l’alcolock ovvero un dispositivo che impedisce l’avvio del motore. Simbolica la revoca o in alternativa la sospensione della patente per chi abbandona animali per strada. I risultati nei primi 4 mesi di applicazione della riforma hanno dato ragione al ministro, se è vero che sono diminuiti gli incidenti (-5,2%), le vittime (-12,6%) e i feriti (-7,7%). Per converso ammontano a 16.422 le licenze di guida revocate o sospese a fronte delle 38.000 dell’interro anno precedente.
Tutto bene? Neanche per sogno! Il mondo politico non conosce comportamenti che non siano il muro contro muro, la democrazia è intesa come diritto della maggioranza di governare e dell’opposizione di essere sempre e comunque contraria, anche con asprezza di toni ed il ricorso alla denigrazione sistematica. La magistratura, che dovrebbe essere una forza di equilibrio e di corretta applicazione della normativa, è già uscita allo scoperto rimettendo alla Corte Costituzionale la normativa su alcool e droghe che a suo dire lederebbe il principio di uguaglianza quando punisce anche chi usa sostanze stupefacenti prescritte dal medico a scopo curativo. Parimenti sarebbe leso il principio di proporzionalità nel caso di sostanze ingerite non nell’immediatezza ma svariati giorni prima del fermo. Staremo a vedere e nell’attesa confidiamo nel prolungamento dei risultati positivi.
di Bruno Ferraro
Presidente Aggiunto Onorario Corte di Cassazione