Un altro colpo alla famiglia

La partner di una donna che ha fatto la fecondazione assistita all’estero riconosciuta come “genitrice” del figlio della compagna.
di Fausto Cariotivenerdì 23 maggio 2025
Un altro colpo alla famiglia
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C’è una nuova breccia nel diritto di famiglia italiano. Da oggi un bambino nato in Italia potrà avere due madri lesbiche, riconosciute dallo Stato, e nessun padre. E questo senza più bisogno di passare dalla «stepchild adoption», l’adozione del figliastro da parte del “coniuge” della coppia omosessuale che non ha legami biologici con il figlio. Basta che la Pma, la «procreazione medicalmente assistita», prevista in Italia solo per «coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi», sia stata fatta all’estero in modo legittimo.

La breccia è del tutto coerente con la Costituzione, o meglio con la sua interpretazione ufficiale, visto che a stabilirlo è la Corte Costituzionale presieduta da Giovanni Amoroso, in una sentenza depositata ieri. Chi raccontava che la Consulta, con i nuovi giudici eletti dal parlamento, è diventata una dépendance di palazzo Chigi, dovrà cambiare argomento. Tutto parte dalla questione di legittimità costituzionale sollevata dal tribunale di Lucca, che si è trovato davanti a uno di questi casi. A una «madre intenzionale», priva di legami biologici col bambino e partner della sua madre genetica, l’ordinamento italiano sinora ha impedito di riconoscere come proprio il figlio della compagna, nato in Italia grazie a tecniche di procreazione assistita adottate all’estero. La Corte, redattore Filippo Patroni Griffi, ha ritenuto che questo divieto, previsto dall’articolo 8 della legge sulla fecondazione assistita del 2004, «non garantisca il miglior interesse del minore e costituisca violazione» degli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione.

La norma è quindi dichiarata illegittima. Ogni figlio, argomentano i giudici delle leggi, ha un insieme di diritti, previsti dall’ordinamento. Sono quelli «di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori»; «di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti» e «di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale». Se una coppia di persone, a prescindere dal loro sesso, ha intrapreso il «percorso genitoriale», è «interesse del minore» che assolvano ai doveri corrispondenti a tali diritti. C’è un grande assente, in tutto questo: il donatore di spermatozoi, la figura paterna. La sintesi per il governo la fa Eugenia Roccella, ministro perla Famiglia e la Natalità. Con la sentenza di ieri, commenta, «l’interesse del bambino a vedersi riconosciute due figure genitoriali viene sancito prescindendo completamente dai fondamenti biologici della riproduzione e della generazione. Come se l’estromissione e la cancellazione programmata della figura del padre non fosse, a sua volta, un disvalore e una scelta contraria al miglior interesse del minore».

Non è l’unica decisione sulla famiglia uscita ieri dalla Consulta. Questa era stata chiamata in causa anche per l’articolo 5 della stessa legge del 2004, il quale vieta a una donna singola di accedere alla fecondazione assistita. I giudici hanno stabilito che la materia è rimessa «alla discrezionalità del legislatore», ossia alle scelte politiche del parlamento. Ventuno anni fa, questo ha deciso, nell’interesse dei futuri nati, «di non avallare un progetto genitoriale che conduce al concepimento di un figlio in un contesto che, almeno a priori, esclude la figura del padre», e tale scelta, sentenzia la Consulta, «non può ritenersi manifestamente irragionevole e sproporzionata».

Dunque, questa norma rimane. La stessa Corte, però, avverte che se in futuro il parlamento decidesse in senso contrario, rendendo accessibili le tecniche di procreazione assistita anche alle single, non violerebbe la Costituzione, poiché essa «non abbraccia solo modelli di famiglie composte da una coppia di genitori di diverso sesso uniti da vincoli affettivi». La sinistra, insomma, ha ottimi motivi per festeggiare. La sentenza che riconosce come madre la donna della coppia lesbica priva di legami biologici col figlio è ritenuta da Elly Schlein «un colpo durissimo» al governo, mentre i Cinque Stelle parlano di «storica vittoria delle famiglie arcobaleno». Opposto il parere del leader leghista Matteo Salvini: «Guai a cancellare parole come “mamma” e “papà”, che sono il passato il presente e il futuro». Mentre la responsabile del dipartimento famiglia di Fdi, Maddalena Morgante, sostiene che la stessa decisione «attacca il significato antropologico della famiglia». Critica pure la senatrice di Noi Moderati Mariastella Gelmini: «Escludere la figura del padre è una scelta contro natura, che non è nell’interesse del minore». Voce fuori dal coro del centrodestra è invece quella del sottosegretario Tullio Ferrante, di Forza Italia, convinto che quello di ieri sia «un passo in avanti per la tutela dei diritti di tutti».