La presidente della Cassazione e le accuse incrociate con i politici al governo

È una curiosa gara a chi si stupisce di più, o stupisce di più gli altri, quella che la prima presidente uscente della Corte Suprema di Cassazione, Margherita Cassano, ha aperto
di Francesco Damatomartedì 1 luglio 2025
La presidente della Cassazione e le accuse incrociate con i politici al governo
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È una curiosa gara a chi si stupisce di più, o stupisce di più gli altri, quella che la prima presidente uscente della Corte Suprema di Cassazione, Margherita Cassano, ha aperto stupendosi appunto, in una intervista al Corriere della Sera, della incredulità espressa dal ministro della Giustizia su un documento della Corte stessa di analisi critica della legge sulla sicurezza. Che, prima di arrivare ad una valutazione giurisdizionale in un percorso che potrebbe portarla all’esame di conformità costituzionale spettante in esclusiva all’omonima Corte dirimpettaia del Quirinale, è passata come altre da più di vent’anni- ha spiegato la Cassano - da un ufficio della Cassazione chiamato Massimario. Un ufficio di analisi, composto di 37 giudici civili e penali della Suprema Corte, a disposizione ora anche internettiana degli altri giudici di Cassazione, avvocati, esperti e politici interessati ad un certo provvedimento o ad una certa materia.

Al ragionamento e alle critiche della Cassano a Nordio e a tutti gli altri sorpresi, ripeto, dal documento del Massimario sulla legge intestata alla sicurezza, ma anche da altri che stanno spuntando fuori come quello sull’accordo con l’Albania in tema di immigrazione, manca solo una protesta per tanta ingenerosità di fronte a un’attività di studio e quant’altro offerta gratuitamente dalla Suprema Corte. Studio, dicevo, ma anche formazione, oltre che informazione, visto che si tratta di diagnosticare, diciamo così, una legge. E qui, se la Cassano non si offende e non mi scambia per un provocatore che non intendo essere, mi permetto da operatore, diciamo così, dell’informazione di comprendere più l’incredulità del ministro Nordio che quella della sua interlocutrice sulle colonne del più diffuso giornale italiano.

La Cassano nel contestare “l’invasione di campo” denunciata o avvertita in campo politico e mediatico in un documento di una trentina di contestazioni pur analitiche, non processuali, alla legge sulla sicurezza ha detto che «in uno Stato di diritto ogni componente dovrebbe rispettare le attribuzioni dell’altra e dialogare con forme pacate e razionali, in spirito di leale collaborazione». Come raccomandava sempre il compianto presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, di cui si celebra in questi giorni giustamente il centenario della nascita. Ma che fu costretto nel 2012, nell’esercizio delle sue funzioni, e nella difesa delle relative prerogative, a ricorrere alla Corte Costituzionale contro un ufficio giudiziario - la Procura della Repubblica di Palermo- che a quel tipo di collaborazione non aveva voluto evidentemente attenersi. Sino a cercare di coinvolgerlo, volente o nolente, nel processo sulle presunte trattative fra lo Stato e la mafia stragista.

Qualsiasi cosa possa o voglia pensare la prima presidente uscente della Cassazione del documento sulla legge di sicurezza elaborato dal Massimario, il suo primo effetto politico e mediatico è stato quello di un incentivo ad azioni e iniziative di contestazione finalizzate ad un giudizio di legittimità spettante neppure alla stessa Cassazione ma, ripeto, alla Corte Costituzionale. Che sarà pure rimasta silenziosa nello “spirito di leale collaborazione” evocato dalla Cassano, ma che, secondo la mia personale, personalissima opinione, avrebbe avuto e avrebbe ancora più di un buon motivo per stupirsi anch’essa, volendo rimanere dentro i confini del campo da gioco che ho intravisto nello scambio di meraviglie fra due personalità eminenti come la presidente della Cassazione e il Guardasigilli. Fra i quali c’è da auspicare, a beneficio delle funzioni di entrambi, un chiarimento che mi sembra tuttavia per ora improbabile.

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