È tutta una questione di date. Mentre infuria il “caso Almasri” (dal nome dell’ufficiale libico il cui rimpatrio a Tripoli è al centro dello scontro tra governo e opposizione), martedì pomeriggio l’aula del Senato vivrà una giornata campale. È in calendario, infatti, la ripresa dell’esame delle «Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare» (la temuta, da centrosinistra e Associazione magistrati, riforma costituzionale sulla separazione delle carriere delle toghe con relativo nuovo Consiglio superiore della magistratura). In programma c’è il voto sull’articolo 3, che introduce il sorteggio dei due futuri Csm separati.
Ecco, che il polverone sollevato grazie a una fuga di notizie su cui indaga la procura di Roma dopo la denuncia del tribunale dei ministri sia legato alla riforma della giustizia lo ammette candidamente Francesco Boccia. Ai microfoni di SkyTg24, il capogruppo pd al Senato ufficializza ciò che a via Arenula sanno già: «Siamo di fronte a un ministro che mente in Parlamento e impone allo stesso Parlamento una riforma costituzionale che non si può modificare. Non è una situazione accettabile e credibile. Come si può permettere a un ministro che ha mentito di smontare la giustizia italiana?».
E qui si torna alle date. L’offensiva anti-Nordio, dopo le mail riservate finite su alcuni giornali il primo fine settimana di luglio, si arricchisce di un nuovo fronte. Non solo l’inchiesta del tribunale dei ministri, che sta per formalizzare le sue conclusioni sulle accuse perla gestione del dossier Almasri, ma anche le presunte bugie raccontate alla Camera dallo stesso Nordio lo scorso 5 febbraio, quando il Guardasigilli ha affermato di aver ricevuto il «complesso carteggio» sull’ufficiale libico solo lunedì 20 gennaio alle 12,40.
La guerra di mail, infatti, punta proprio a questo: a mostrare che Nordio, come ha detto la segretaria dem, Elly Schlein, e ribadito ieri da Boccia, «ha mentito al Paese e al Parlamento». E pazienza se un’altra mail, di cui ha dato conto il quotidiano giuridico Il Dubbio, mostra che effettivamente il ministro della Giustizia, domenica 19 gennaio, non era in possesso del documento completo con la richiesta di arresto per Almasri emesso dalla Corte penale internazionale. Ora l’obiettivo è contrastare, con ogni mezzo, la riforma della giustizia. Da qui i riferimenti alla presunta compressione dei diritti dell’opposizione a Palazzo Madama (i tempi di discussione sono stati contingentati a 30 ore e tutti gli emendamenti sono stati bocciati).
Dando un’occhiata al calendario dei lavori parlamentari, in base al quale è possibile che il via libera del Senato alla riforma arrivi intorno al 22 luglio, si comprende bene come l’accerchiamento a Nordio con il “caso Almasri” proceda di pari passo. L’opposizione, infatti, ha già depositato la richiesta di rivedere il Guardasigilli in Parlamento a «riferire» per la seconda volta sulla vicenda. «Resta ancora da fare chiarezza su quanto avvenuto al ministero in quei giorni», aggiunge il capogruppo dem.
Nel frattempo l’Anm, che ieri ha riunito il suo comitato direttivo centrale, si è prodotta nella più classica delle scuse non richieste. «Non accetteremo il tentativo, già goffamente operato dal ministro Nordio, di sostenere che l’accertamento della verità su questa vicenda (Almasri, ndr) è un’operazione per contrastare la riforma costituzionale», ha detto Rocco Maruotti, segretario generale. Poi, per rafforzare il concetto, ha aggiunto: «È un’accusa falsa e offensiva». Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia al Senato, non abbocca: «È inutile che gli esponenti dell’Anm neghino un fatto evidentissimo. Noi portiamo avanti una riforma doverosa e giusta, gli avversari di questa riforma, politici o magistrati, usano qualsiasi mezzo per colpire il ministro che la rappresenta».