In tutti i sensi, verrebbe da dire che siamo solo all’inizio del cosiddetto “caso Striano”, o della doverosa chiarificazione (giudiziaria, storica, giornalistica, politica) da conquistare sul più grave ed esteso dossieraggio di massa degli ultimi cinquant’anni. Potremmo chiamarla - per capirci - la fogna della nostra Repubblica. Curioso paese, la nostra amata Italia. Si strilla per Sigfrido Ranucci, si infangano membri del governo a casaccio e senza fondamento, ma poi scatta un ferreo istinto da “riduzionisti”, da “minimizzatori”, davanti a un’operazione gigantesca di inquinamento della nostra democrazia.
Stiamo parlando di decine di migliaia (qualcuno teme: centinaia di migliaia) di presunti accessi abusivi a materiale riservatissimo, tra “sos”, schede di analisi e schede di approfondimento, digitazione di nominativi di persone fisiche e persone giuridiche, più ricerche sulla banca dati Serpico e sulla banca dati della Dna. I bersagli politici? Quasi tutti di centrodestra. Con che tempistica? Il timing è estesissimo, ma un’accelerazione abnorme si registra nel periodo immediatamente precedente e immediatamente successivo al giuramento del governo Meloni, a fine 2022. Obiettivo? Uccidere nella culla quel governo.
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Il dossieraggio vestito da giornalismo colpisce ancora: nel mirino sempre il centrodestra. Informazioni sensibili, come ...Si prenda il caso della vittima più nota dell’operazione, il ministro Guido Crosetto, che ha avuto il grande merito e il coraggio civile di denunciare. Crosetto giura il 22 ottobre 2022 e si vede sparati addosso dal quotidiano Domani tre pesantissimi articoli (basati sul materiale estratto da Striano e passato ai cronisti del giornale di De Benedetti) il 27-28-29 ottobre. Ognuno comprende l’oggettiva valenza di questo timing: se si riesce subito a far cadere come un birillo un ministro di primissimo piano, può venir giù tutto il castello di un governo appena nato. Per Crosetto, tra l’altro, le ricerche erano cominciate già in estate: ma curiosamente, quando l’esponente di Fdi decide di non candidarsi alle elezioni, l’interesse scema. Salvo però riaccendersi quando Crosetto entra nel totoministri. Altro che interesse giornalistico, quindi: vista a posteriori, appare chiara a tutti la connotazione politicamente motivata della campagna.
Altri bersagli imprenditoriali? Anche qui la scelta appare tutt’altro che casuale: sotto tiro sono finiti imprenditori non organici né collaterali rispetto alla sinistra, inclusi gli editori del nostro giornale. Il metodo appare sempre il solito: pesca a strascico (si cerca e si acchiappa di tutto, in qualsiasi direzione) e ricerca on demand (ma su richiesta di chi?).
Capite bene che la cosa adesso non può finire a tarallucci e vino, o peggio, come abbiamo incredibilmente letto ieri sul quotidiano Domani (tre cronisti sotto indagine) con il tentativo di buttarla sulla “libertà di stampa”. Ah sì? Se fosse confermata la tesi accusatoria, chiedere a un sottufficiale della Finanza di accedere illegalmente a banche dati riservate sarebbe “giornalismo d’inchiesta”?
Tra l’altro, come Libero ha sostenuto fin dal primo giorno, mica si vorrà credere che tutta quella valanga di materiale sia stata raccolta solo per costruire qualche articolo di giornale. La vastità e la sistematicità delle ricerche svolte fa chiaramente pensare alla predisposizione di numerosi dossier mirati. Chi ne ha ordinato la compilazione? Chi ne ha beneficiato? Dove si trova questo materiale? È stato distrutto? Come mai, in un paese in cui spesso si abusa delle misure cautelari, in questo caso si è operato in modo differente? Resta poi un’ultima – ma enorme – questione che riguarda un esponente di punta dei grillini, l’attuale vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia Federico Cafiero de Raho, già procuratore antimafia. Almeno per una parte dell’arco temporale di questa faccenda, le cose sarebbero avvenute durante il suo mandato. Noi siamo garantisti sempre, e quindi non muoviamo assolutamente accuse verso di lui.
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Mentre la sinistra s’indigna perché nel caso Paragon è spuntato un nuovo spiato (Francesco Nicodemo,...E tuttavia, in un paese normale, l’onorevole Cafiero De Raho sarebbe naturaliter oggetto di un fuoco di fila di domande, a maggior ragione dopo essere stato direttamente chiamato in causa, quanto meno in termini di sovraordinazione gerarchica, dal magistrato Laudati («Tutti i miei atti erano firmati dal procuratore antimafia»). O per lo meno gli si chiederebbe conto di cosa abbia visto (o non visto) all’epoca. E invece? Il deputato grillino siede tranquillo e imperturbabile come membro della Commissione parlamentare incaricata di occuparsi della vicenda. Tutto normale? Immaginate se si fosse trattato di un esponente di centrodestra: avremmo già contato una mezza dozzina di puntate di Report, qualche manifestazione di piazza, e vibranti proteste a Montecitorio, con grillini e piddini appesi ai lampadari e ululanti come Tarzan. Stavolta, invece, tutti zitti.




