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Spending review, il governobattuto al Senato

Passa un emendamento della Poli Bertone: tagli anche per la Presidenza della Repubblica, Camera, Senato e Corte Costituzionale

Andrea Tempestini
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Venti di tempesta per il governo Monti, che traballa anche in aula in un voto sulla spending review, il piano per contenere la spesa pubblica. Al Senato l'esecutivo è stato battuto su un emendamento di Adriana Poli Bortone di Io Sud che abroga un comma del secondo articolo del decreto legge, quello che stabiliva che i poteri di intervento del supercommissario per i tagli, Enrico Bondi, non potevano essere applicati agli oragni costituzionali (ossia la presidenza della Repubblica, Camera, Senato e Corte Costituzionali). Il comma era stato giustificato spingendo sul fatto che la Costituzione prevede autonomia di bilancio per questi oragni. L'ok all'emendamento - 136 i voti a favore, 122 i no e sette astenuti - assomiglia a una piccola vendetta dei partiti contro il premier e Giorgio Napolitano: i tagli devono riguardare anche loro. Disparità di trattamento - Inoltre con l'emendamento si mira a fare sì che i poteri di Bondi, per quel che concerne le regioni che hanno previsto un piano di rientro a causa del deficit sanitario, siano limintati al settore della sanità e non riguardino tutti i capitoli di bilancio. Il rischio sarebbe stato quello di creare una disparità di trattamento tra le Regioni in rosso e quelle con i conti in ordine, per le quali il supercommissario può formulare delle proposte da sottoporre al presidente della Regione stessa. Bondi, infine, potrà agire anche per l'ottimizzazione dell'uso degli immobili di proprietà pubblica anche al fine di ridurre i canoni e i costi di gestione delle amministrazioni pubbliche. In base a un emendamento delle commissioni approvato nell'aula del Senato al decreto sulla spending review, l'attività deve avvenire senza oneri per la pubblica amministrazione e in collaborazione con l'agenzia del demanio.

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