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"Gli ex Dc i miei veri nemici" Il governatore si sfoga sull'ebook

Pubblichiamo un estratto dell'ultimo libro di Formigoni intitolato "Il buon governo" disponibile da oggi

Nicoletta Orlandi Posti
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  L'attacco alla mia giunta e a me personalmente è inquadrabile per molti versi come un altro esempio di liquidazione dei centri di resistenza all'omologazione, come regolamento dei conti con una realtà da normalizzare per rendere governabile “dall'alto” l'Italia. Non mi sfugge come una serie di episodi di corruzione niente affatto trascurabili ed emersi anche in Lombardia abbiano indebolito la politica persino in questa area del Paese. (...) Però nel carattere “militare” delle operazioni contro la giunta lombarda c'è qualcosa di più della somma di effetti fra naturali processi politici, impellenti necessità investigative e incomprimibile diritto della libertà di stampa (...) Ma andiamo oltre la questione giustizia e cerchiamo di inquadrare meglio l'aggressione che è stata organizzata contro la giunta lombarda. Quel che è impressionante nel gigantesco attacco in corso, è l'elusione del merito: cioè l'assenza di un'analisi concreta dell'azione di governo della Regione Lombardia. Si chiede la mia testa, ma nessuno entra nel merito di quello che abbiamo fatto.  Naturalmente vi sono anche avidità private: metti che hai una struttura sanitaria in Lombardia dove il rigore dei conti regionali porta a un certo tipo di rimborsi, nettamente inferiori a quelli ricevuti da Regioni dalla finanza più rilassata. L'idea di “cambiare” la guida lombarda diventa subito interessante. E se hai a disposizione uno strumento mediatico che può fare una campagna che apra una via in questo senso, l'occasione diventa ghiotta. Certo pesano anche le mosse quasi istintive di strategici interessi: se sulla base dell'esperienza lombarda si pensa a una riforma federalista che individua i rimborsi su parametri storicamente verificabili (costi standard), diventa formidabile l'allarme di tutto il partito della spesa pubblica, dai suoi rami corporativi (a partire dalla Cgil) ai vari operatori capaci di farsi i conti in tasca, a quegli amministratori che oggi godono di discrezionalità considerevoli. Però le dimensioni che hanno assunto gli attacchi rivelano come non si è di fronte solo a lobby che vogliono fare affari sulla pelle della Lombardia o un puro esprimersi di interessi, quanto piuttosto a un gigantesco scontro di potere che mette alla prova la democrazia. La posta è più ampia. C'è un asse a sinistra che per conquistare il Quirinale punta a incidenti immediati per andare a votare, c'è anche un più ampio schieramento di forze (persino astrattamente “amiche”) che pensa a un ridimensionamento del Nord. A Milano sono in crisi importanti soggetti che hanno segnato la vita della città, a iniziare dalle difficoltà del comparto bancario per finire con il mondo delle costruzioni e immobiliaristico. Per certi versi la città appare quasi una terra di conquista. (...) Verrebbe da dire che l'idea di far fuori il Ducato di Milano è stata considerata a partire dal 1500 da diversi potentati nostrani come la via per creare nuovi equilibri in Italia. (...) Ma al di là di evocativi richiami storici, la realtà politica concreta è che dal 1994 il cuore della resistenza antioligarchica è stato il Nord. E dunque questo va piegato. (...) Se per controllare settori fondamentali della stampa, si deve mettere in riga operatori che hanno rapporti con la Regione, far fuori chi non è disponibile a questa impresa diventa particolarmente urgente. Così nel complicato risiko bancario - che forse vede ancora un eccesso di presenza pubblica - può succedere che per controllare certi equilibri di potere si pensi di ricorrere a forzature che richiedono il superamento di un'amministrazione regionale che mai si piegherà a questi giochi. Il punto non è quello di rincorrere complotti ma di riconoscere che all'attuale “commissariamento politico della democrazia” corrisponde uno scomposto rimescolamento di poteri. E sono impazzimenti di questo carattere che determinano l'esigenza di una rapida decapitazione anche della Regione. (...) Nel far fuori l'anomalia lombarda si legge, poi, anche quel desiderio di semplificare la politica per meglio commissariarla che talvolta, al di là delle intenzioni, finisce per derivare anche dalla propaganda sulla superiorità dei “tecnici”. E in questa tentazione cadono forse anche una parte di quelle forze che pure vantano il proprio “moderatismo”. Se si valuta anche la principale “personalità” mobilitata per coprire questa operazione, un uomo con cui ho avuto buoni rapporti e che giudico non privo di qualità, come Bruno Tabacci, non si può non considerare come questo tentativo sia indicativo di una strada pericolosa, quella della restaurazione. La Democrazia cristiana lombarda innanzi tutto con la sua anima basista  guidata a lungo da un uomo politico di qualità come Giovanni Marcora, è stata senza dubbio forza di progresso, collocando al vertice della Regione personale politico di valore: da Piero Bassetti a Cesare Golfari, da Giuseppe Guzzetti a Giuseppe Giovenzana allo stesso Tabacci. Però, dalla mia concreta esperienza, ho derivato la convinzione che il limite della lunga e per molti versi gloriosa stagione della sinistra Dc lombarda di governo sia stato quello di una concezione sostanzialmente consociativa (...) con l'opposizione e con un sindacato come la Cgil. E che proprio questa impostazione, sia pure anche affiancata da scelte di qualità, sia stato elemento decisivo di alcune inefficienze gestionali, in particolare nel campo della sanità, che durante il mio governo si sono superate. (...) di Roberto Formigoni  

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