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Il caso del ministro che nomina nuovi ambasciatori e però non lo dice

Giulio Terzi

Il titolare della Farnesina fa spuntare nuove poltrone, ma non lo comunica a nessuno...

Andrea Tempestini
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di Caterina Maniaci Un giro di poltrone nel felpato e gran mondo della diplomazia, ma avvenuto in sordina, quasi in silenzio, per non dire di nascosto. Nel Consiglio dei ministri della settimana scorsa sono stati cambiati ambasciatori di sedi di primo piano, come ha rivelato il quotidiano “Il Foglio”. Ossia gli ambasciatori di Berlino, Parigi, Madrid, Bruxelles, Nuova Delhi, Bagdad, Brasilia, Pechino, Il Cairo, oltre a undici diplomatici di sedi minori. Un passo che si può definire piuttosto deciso, per un governo dal basso profilo, o meglio dal profilo tecnico. Perché, come appare evidente, si tratta di sedi-chiave nel mondo e di conseguenza in grado di modificare la stessa fisionomia della politica estera nostrana.  Le fonti di Palazzo Chigi sostengono che si tratta di una prassi normale, per questo tipo di nomine. I nomi dei nuovi ambasciatori hanno sollevato più di qualche perplessità. Per esempio, Elio Manzione che andrà a Berlino,  il quale ha alle spalle un lungo curriculum che si snoda da Giacarta a Pretoria, dall'Avana a Bogotà, piuttosto estranee al mondo europeo e, in particolare, tedesco. E così sarà per Daniele Mancini, in partenza per l'India, e che si troverà ad affrontare il ginepraio del caso dei marò italiani. Ma ci sarebbe anche un motivo più prosaico per spiegare questi movimenti alla Farnesina: tagliare i costi. La commissione Bilancio al senato vorrebbe prendere in considerazione un taglio del 20 per cento del personale della dirigenza, ma la commissione Affari esteri giudica «insostenibile» questa misura. Quindi  bisogna toccare altri organi periferici, non si toccano i diplomatici, se ne mandano il più possibile in pensione, ma per fare tutto ciò si devono fare scelte non sempre comprensibili, anzi probabilmente forzate  e forse per questo motivo sconvenienti da  rendere in pubblico, sempre secondo le ricostruzioni di stampa, che riportano fonti interne alla Farnesina. E proprio il caso dei due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, detenuti da cinque mesi in India con l'accusa di avere ucciso, il 15 febbraio scorso, due pescatori indiani, agita l'atmosfera soffusa dei palazzi della politica estera.  Diverse fonti sostengono che nei fascicoli del ministero si trovi una nota scritta da Franco Frattini, quanto era il titolare della Farnesina, in cui si sconsiglia fortemente l'impiego di militari italiani nella protezione dei mercantili nelle acque indiane, perché i problemi di giurisdizione che un eventuale scontro a fuoco avrebbe potuto creare sarebbero impossibili da gestire. Di fatto, l'esistenza della prova che un incidente nelle acque indiane fosse prevedibile potrebbe dare molti fastidi a Giulio Terzi, l'attuale titolare del ministero degli Esteri, il quale nella gestione del delicatissimo caso - ancora lontano dall'essere risolto - ha mostrato più di qualche incertezza.

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