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Pansa: se la sceriffa Bindi sul fisco fa finta di niente

La pasionaria Pd recita sempre la parte della dura. Ma Bersani una linea anti-evasione non ce l'ha e lei sa solo sparare: "Patrimoniale"

Giulio Bucchi
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  di Giampaolo Pansa In autunno la rivedremo imperversare di nuovo in tutti i talk show televisivi. E forse qualche conduttore meno pecorone degli altri le chiederà di spiegare come pensa di combattere l'evasione fiscale. Sto parlando di Rosy Bindi, oggi il numero due del Partito democratico. Una vera sceriffa sempre pronta a scatenarsi contro mezzo mondo. E soprattutto una parlatrice infaticabile, tranne che su una questione: in che modo far pagare le tasse a chi le evade. La stella di sceriffa gliel'avevo assegnata io tanti anni fa. Era l'ottobre del 1992 e la Democrazia cristiana cercava di sopravvivere sotto i colpi di Mani Pulite. Nel tentativo di salvare la Balena bianca, Mino Martinazzoli, un grande galantuomo eletto segretario in quella bufera, si era inventato dei dirigenti nuovi. In Veneto, terra di tangenti e di balenotteri arraffoni, aveva spedito una ragazzaccia dal carattere burbero, una straniera di Sinalunga, provincia di Siena, eletta deputata europea nel 1989.    Era la Rosy Bindi, allora appena quarantenne, dunque una fanciulla per i vegliardi che dominavano la casta democristiana della Prima Repubblica. Nessuno la conosceva e nel descriverla sull'Espresso dissi che aveva un nome da spogliarellista e un carattere da sceriffa. Ci avevo preso, perché la Rosy, nel trascorrere delle epoche politiche, si è dimostrata ogni volta così. Anzi nel maturare è divenuta più ostica e ruvida. Una vera Walkiria abituata a dire pane al pane e casino al casino, intendo quello politico, non siate malignazzi.   Tuttavia nessuno è perfetto, neppure la Rosy. L'ho sempre trovata reticente sul problema centrale della nostra repubblica: l'evasione fiscale. A proposito di questo cancro, la sceriffa insiste nel recitare lo slogan preferito dal suo Pd: bisogna introdurre una patrimoniale, ossia «una tassazione molto forte sui grandi accumuli di ricchezza».  Si è espressa così anche in un'intervista affidata venerdì all'Unità dalla vacanza sulle Dolomiti. Confermando un mio vecchio sospetto che le interviste sotto l'ombrellone, marino o montano, non servano assolutamente a nulla. Se non a ricordare alle plebe che la Casta va in vacanza anche quando dovrebbe restare al lavoro, visti i chiari di luna che affliggono l'Italia.   Nel ripetere il mantra che recita: «Ci vuole la patrimoniale!», la Rosy ci ha rivelato che i cervelloni del Pd stanno pattinando sul vago a proposito del loro programma di governo. Ecco un problema che dovrebbe essere ben chiaro a Pier Luigi Bersani & C. Se contano di convincere molti italiani a votarli, non possono restare nel limbo delle formule magiche. Ma debbono spiegarci con minuzia quello che intendono fare dopo aver conquistato Palazzo Chigi.  Per rimanere al cancro dell'evasione fiscale, non sappiamo quasi nulla su quanto deciderà il futuro governo di centrosinistra. Le strategie da attuare sono parecchie e tutte diverse. Per esempio, si può ingaggiare una guerra totale a chiunque dichiari redditi al di sotto di una certa soglia. Nella convinzione fondata che quelle cifre siano in gran parte false e nascondano un'evasione di massa.  Oppure si possono condurre accertamenti a tappeto su una serie di soggetti. Volete un elenco incompleto? Commercianti, artigiani, proprietari di ristoranti e di bar, stabilimenti balneari, piccoli imprenditori, professionisti e in genere lavoratori autonomi. Tutti contribuenti invogliati più di altri a ingannare il fisco.  Ma in questo caso, come Bersani e la Bindi sanno bene, dovrebbero affondare il coltello anche nel loro elettorato, soprattutto in quello delle quattro regioni rosse. Abbiamo visto che cosa la Guardia di finanza ha scoperto qualche giorno fa negli stabilimenti balneari di Rimini. Un paradiso di sole, di mare e di peccati, dove la sinistra, dal vecchio Pci all'attuale Pd, ha sempre avuto un indice di gradimento altissimo.  Oppure ancora si può ricorrere alle maniere forti. Qui c'è soltanto l'imbarazzo della scelta. Per esempio, la pubblicazione su Internet di tutte le dichiarazioni dei redditi, per rendere possibili confronti interessanti tra contribuente e contribuente. Anni fa l'aveva decisa Vincenzo Visco, ministro delle Finanze nel secondo governo Prodi. Poi venne bloccata dal Garante della privacy con una decisione affrettata e molto opinabile. Ma si può arrivare a un sistema ancora più radicale: sbattere in galera gli evasori spudorati. Sarebbero manette sacrosante in base al principio che vale negli Stati Uniti: è da criminali mentire al popolo italiano.  Non mi pare che nel Pd ci sia un dibattito serrato sui mezzi per scovare chi froda il fisco. Il partito di Bersani si rifugia nell'ossessione della patrimoniale. Ma senza spiegarci in quale modo verrebbe applicata. Come abbiamo visto, anche la sceriffa Rosy si limita al solito bla bla sui grandi accumuli di ricchezza.  Resta ignoto il criterio per distinguerli dai redditi più alti, già spremuti dalle tasse. Verrà stabilito che quanti guadagnano molto, e dichiarano tutto al fisco, dovranno  essere sottoposti a una doppia imposta, in omaggio al giustizialismo fiscale democratico? Se si pensa di torchiare il possesso di case, come si potrà scoprire il patrimonio edilizio mai emerso o nascosto in società di comodo? Neppure un occhiuto stato di polizia ci riuscirebbe, senza ricorrere alle maniere forti.   Forse il Pd finirà per plagiare la formula classista che era stata di Rifondazione comunista: anche i ricchi debbono piangere. Già, ma chi sono i veri ricchi? Qualcuno potrebbe rispondere: i parlamentari per l'insieme dei benefici che gli rendono comoda  la vita. Ma l'incauto verrebbe subito tacciato di essere un qualunquista o un populista. Oppure, ricorrendo al vecchio anatema, uno sporco fascista.  Sta di fatto che l'Italia è un Paese in guerra con se stesso. È da un pezzo che lo scrivo su Libero. E sono onorato che la pensi così anche un leader come Mario Monti. L'ha ripetuto in una bella intervista concessa a Luigi Amicone, il direttore del settimanale cattolico Tempi. Il premier ha ricordato: «L'Italia è un paese in pace, ma ha alcune ferite che sono quasi di natura bellica. L'evasione fiscale è una di queste».  Per concludere mi sento di dare un consiglio a Rosy Bindi. Lo offro in vista di un nuovo mandato parlamentare che la porterà a una permanenza tra le eccellenze al di là del quarto di secolo. Se vuole davvero comportarsi da sceriffa, non può limitarsi a sparare alle nuvole o a bersagli indistinti. I soldi guadagnati onestamente non sono lo sterco del diavolo. Uno sceriffo degno di questo nome non può arrestare i conti in banca senza distinguere.  E visto che la Rosy è di Sinalunga, e abita da sempre in quel delizioso paese, dia una sbirciatina all'Irpef dichiarata nella sua provincia, Siena. Le garantisco che farà qualche scoperta interessante.      

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