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Facci: da Mentana ho visto la verità. Travaglio si vergogna di quel che dice

Contro Ferrara Marco ha dimostrato la sua natura giustizialista ma sulla trattativa stato-mafia sa di non essere credibile

Giulio Bucchi
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di Filippo Facci Una differenza tra Marco Travaglio e Giuliano Ferrara - una delle mille - è che il primo, lunedì sera su La7, non rideva. Al limite sorrideva sardonico, si metteva leggermente di tre quarti con la bocca a inversione di marcia e gli occhi sgranati, bolliti dal sole, incolleriti come se una pallonata gli avesse frantumato i vetri della parrocchia. Travaglio non rideva e incespicava nei tranelli grossolani di Ferrara come trattenuto nella sua boria spaventosa, come impietrito nella sua vanità adamantina che è l'altra faccia della sua timidezza. E uno può dire: chi se ne frega, quello di Travaglio resta un pubblico da Fight Club che dei contenuti intrinseci intende poco o nulla, basta che si meni: ascoltano il loro vate come se fosse un matematico che tra una formula ermetica e l'altra (la Consulta, l'articolo 338: sai che gli frega) si incendiano alle poche parole riconoscibili, alle grillate che non disdegnano i consueti sfottò sui difetti fisici dell'avversario: perché le sentenze e i Zagrebelsky di qua e di là, come no, ma alla fine c'è sempre che Ferrara è un ciccione («Bersaglio mobile») e altri sono rispettosamente dei rincoglioniti («sveglia, Macaluso») e insomma il solito cabaret del Travaglino. Ma questo non c'entra, ora. Rivelatore è come Travaglio non rideva - dicevamo - e come maneggiasse l'espressione «verità» rispetto ai giuristi della domenica che osassero obiettare qualcosa e che sono sempre inquadrati come complici, conniventi, servi, talvolta ladri, quantomeno disinformati perché non hanno fatto una cosa che lui, Travaglio, fa sempre: copiare e ripetere. Lo fa bene, toglie amido al giuridichese, conciòna l'avversario con idiomi a metà tra il questurino e i vecchi film sulla mala, ma Travaglio fa quello: copia e ripete, e pazienza se lo faceva, per dire, anche un Ugo Intini con Bettino Craxi. Pazienza se l'Avanti! faceva con Craxi quello che Il Fatto Quotidiano fa con Antonio Ingroia: stessa puntualità, fedeltà, assenza di sbavature anche minime. Però Intini non andava in vacanza con Craxi. Intini, onestissimo, documentatissimo, non te la menava col povero Montanelli (che forse  un virgolettato giudiziario non l'ha mai usato in vita sua) e con l'accigliata prosopopea del «facciamo-solo-i-giornalisti» e «raccontiamo-solo-i-fatti». I fatti di Ingroia, peraltro. Leggi l'articolo integrale di Filippo Facci su Libero in edicola oggi, giovedì 30 agosto

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