Annozero, Santoro trova

picciotti e complotti
di Silvia Tironisabato 10 ottobre 2009
Annozero, Santoro trova
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di Francesco Specchia - Senza infamia né Lodo, l’Annozero di ieri. Epperò denso di storie di mafia, a sentirle, abbastanza stordenti. C’erano, in effetti, i contenuti. C’era la rissa in prologo tra Antonio Di Pietro («tecnicamente Berlusconi è un corruttore...», «in questa vicenda del Lodo Alfano Silvio ha vinto») e Nicolò Ghedini («hanno pesato nella Consulta più le idee pregresse che le convinzioni giuridiche. Ci sono state pressioni sulla Corte»), l’un contro l’altro armati. E dopo le dipietrate e le ghedinate sul Lodo Alfano e sul presidente Napolitano, c’era Mario Mori, l’ex generale del Ros che catturò Totò Riina, non dal vivo, ma registrato in un’aula di tribunale. C’era il cronista di mafia Felice Cavallaro che bacchettava i confusi giudici di Palermo e che accennava, per la prima volta in tv, a “trattative tra Stato e mafia”; trattative che risultano, qui, precedenti alla strage di via D’Amelio. C’erano i giovanissimi delle “agende rosse”, gruppi che temono per il proprio futuro e disquisiscono su vicende di Cosa Nostra che non hanno mai vissuto. E c’era - spettro di un triste passato -  Agnese, la vedova del magistrato Paolo Borsellino, che da casa Santoro lanciava un appello: «Chiedo in ginocchio ai collaboratori di giustizia di far luce sui mandanti. Dire la verità è un’azione di grande coraggio. Aiutateci, la vostra collaborazione sarà un atto d’amore...». La vedova, peraltro, è stata sentita come persona informata dei fatti dai pm di Caltanissetta. Ma ad Annozero, soprattutto, c’era l’ospite d’onore, figlio di uomo d’onore, in doppia performance, in studio e in registrata. Massimo Ciancimo, erede di Vito, ex sindaco di Palermo condannato per mafia. Ossia l’uomo che per l’appunto recentemente aveva svelato ai giudici trattative tra boss e politica dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio; e la cui testimonianza (ritenuta non attendibile) non è stata ammessa nel processo Dell’Utri; e i cui stessi avvocati - ed è questa la  notizia dell’ultima ora -   avrebbero perfino rinunciato alla difesa. Ciancimino ad Annozero comincia ribadendo concetti già sentiti. Intervistato prima da Sandro Ruotolo (già minacciato di morte) e poi da Santoro, discute di pentiti; di Totò Riina; del padre «garante degli equilibri e sempre svegliato dal mafioso Lo Verde» che lo legava paternamente con una catena; e degli stessi mafiosi “teste di minchia” che scambiavano pizzini e spesso venivano a casa a trovarlo. Soprattutto Ciancimino racconta del rapporto privilegiato del papà mammasantissima con Bernardo Provenzano -“non si muove foglia che Ciancimino non voglia”- e di un canale aperto con la mafia attraverso il capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno e lo stesso Mori.  Rivela anche che don Vito chiese, invano, di poter incontrare Di Pietro, all’epoca dei fatti   ruspante pm  di Mani pulite. Ciancimino, per inciso, è un personaggio strano, un po’ inquietante. Per primo indicò  Dell’Utri come l’esponente politico che surrogò il padre nella trattativa con Cosa Nostra: «Dopo mio padre,   Marcello Dell’Utri prese il suo posto perché garantiva certi equilibri. Mio padre intuiva che lui era l’uomo della continuità grazie a rapporti consolidati da amicizie pregresse. Lui non conosceva direttamente Dell’Utri ma sapeva che godeva di stima». E riferì ai giudici   che «Bernardo Provenzano si incontrava da latitante con mio padre  a Roma, a Palermo come se nulla fosse»; e di un fantomatico pizzino consegnato per mani terze da  Provenzano a Berlusconi. Ciancimino è freddo come il ghiaccio nella sua testimonianza televisiva. Ma è un ingranaggio di una macchina giornalistica poderosa: il programma continua. Arriva Marco Travaglio, che intreccia la sua prolusione sulle coincidenze mafia, politici, decreti, Falcone, Contrada Bruno ora in galera. Infine,  la “notiziona” dello stesso Ruotolo, da Palermo. Interviene Claudio Martelli, negli anni 90 ministro della Giustizia con molti dubbi postumi sugli attentati, ma che conferma decisamente la trattativa Cosa Nostra-Stato, «svoltasi nel trigesimo di Capaci». E ripete che Paolo Borsellino era a conoscenza di quella trattativa. La “pagina buia della lotta alla Mafia”, come dice Di Pietro, continua ad essere tale. Da oggi le reazioni.