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Sallusti condannato a 14 mesi di carcere: Cassazione choc

La Corte conferma il giudizio in Appello: l'ex direttore di Libero colpevole di diffamazione. L'accusa aveva chiesto di valutare le attenuanti generiche

Giulio Bucchi
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Alessandro Sallusti è stato condannato a 14 mesi di carcere per diffamazione. La Corte di Cassazione ha emesso la tanto attesa sentenza e il risultato è choccante: nessuno sconto di pena per il direttore del Giornale e conferma della condanna in secondo grado. Sallusti è stato giudicato colpevole di diffamazione in relazione a un commento pubblicato su Libero a firma Dreyfus il 27 febbraio 2007. All'epoca Sallusti era direttore responsabile del quotidiano. Lo stesso procuratore generale della Cassazione Gioacchino Izzo poche ore prima della sentenza nella sua requisitoria aveva sollecitato l'annullamento con rinvio alla Corte d'Appello di Milano della sentenza chiedendo di rivedere "la mancata valutazione della concessione delle attenuanti generiche".  "Sentenza politica, mi dimetto" - Ai suoi collaboratori il direttore del Giornale ha comunicato che è intenzionato ad andare in carcere. Sallusti ritiene una "sentenza politica" il verdetto pronunciato dalla Cassazione che lo condanna a 14 mesi di carcere e non vuole chiedere misure alternative alla galera. Nel frattempo, l'esecuzione della sentenza viene sospesa. Questo perché, come spiega il procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati, al direttore del Giornale non è stata contestata la recidiva.  "Tutti in piazza" -  "Questo paese fa schifo e spero che gli italiani se ne rendano conto, aprano gli occhi e scendano in piazza perché abbiamo davvero raschiato il fondo". Così Daniela Santanchè, deputata del Pdl, commenta all'Adnkronos la sentenza della Cassazione. "La misura è colma - incalza - siamo davanti a una magistratura  che non mette in galera ladri e delinquenti ma innocenti, direttori di  giornali. E' uno schifo", rincara la dose la Santanchè, certa che farà "sicuramente qualcosa, anzi molto di più" in difesa di Sallusti. Cosa? "Ora non so dirlo, sono davvero sotto shock". "Una sentenza liberticida che segna una delle pagine più buie della magistratura italiana", è invece il commento lapidario del capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto. "Intervento del governo" - "Chiederemo al governo di intervenire urgentemente in tal senso affinché casi come questi non si possano più verificare e nessuno possa essere incarcerato per avere espresso un'opinione" ha commentato il presidente del Pdl, Silvio Berlusconi.  "La carcerazione inflitta al direttore Alessandro Sallusti appare a chiunque assolutamente fuori da ogni logica e contro il buonsenso - prosegue il Cavaliere - La magistratura non commina pene siffatte neppure per gravi reati che destano ben diverso allarme sociale. Tale decisione assunta proprio contro il Direttore de Il Giornale deve imporre una seria riflessione. La depenalizzazione di tutti i reati di opinione, già in parte effettuata dal mio governo e non portata a totale compimento purtroppo per le erronee resistenze di parte della maggioranza ed anche dell'opposizione, deve al più presto essere portata a compimento. Chiederemo al governo di intervenire urgentemente in tal senso affinchè casi come questi non si possano più verificare e nessuno possa essere incarcerato per avere espresso un'opinione".  "Intimidazione a tutti i giornalisti" - Anche l'Ordine dei giornalisti boccia i giudici della Cassazione. "Un'intimidazione a mezzo sentenza, un'intimidazione a tutti i giornalisti", sbotta Enzo Iacopino, presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti: "Le norme sosterranno pure la decisione ma la conseguenza è devastante per la libertà di stampa. Ogni organo di informazione vivrà questa decisione come una intimidazione. E il costo maggiore lo pagheranno i cittadini che avranno una informazione ancora meno libera". L'articolo incriminato -  Sallusti andrà in carcere per un articolo e un commento pubblicati nel febbraio 2007 su Libero, di cui allora era direttore responsabile. In entrambi i pezzi si parlava della vicenda (già uscita il giorno prima su La Stampa) di una ragazzina di tredici anni che il Tribunale di Torino aveva autorizzato ad abortire ma che poi era finita in una clinica psichiatrica per gli effetti dell'interruzione di gravidanza. Una storia che aveva fatto molto discutere tutti i quotidiani. Libero pubblicò quindi un articolo con la cronaca del fatto firmato da Andrea Monticone e un commento firmato "Dreyfus" in cui si diceva che "se ci fosse la pena di morte e se mai fosse applicabile in una circostanza, questo sarebbe il caso. Per i genitori, il ginecologo, il giudice". Nessuno però ha scritto il nome di quel giudice.

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