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Finanza, le Fiamme gialle a Libero: "Siamo vittime anche noi"

Giulio Bucchi
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Pubblichiamo la lettera del sindacato della Guardia di Finanza in merito alla sui sistemi con cui i finanzieri "torchiano" i contribuenti. "Il pizzo legale": raccontateci la vostra storia     Gentile direttore, il quotidiano da Lei diretto in questi giorni è tornato ad occuparsi dell'evasione fiscale, uno dei problemi più gravi che affligge il nostro Paese e che ne impedisce uno sviluppo equo e solidale. Lo ha fatto prendendo spunto dalla lettera con la quale un anonimo collega Le esponeva le sue personali considerazioni. Al riguardo, vogliamo fornire ai suoi lettori il nostro punto di vista sull'attività che i finanzieri tutti giorni, con impegno e serietà, svolgono a favore della collettività. Non solo piccoli - Non ci occupiamo solo di piccole realtà economiche, gran parte del nostro lavoro è legata al contrasto delle frodi e viene svolta più attraverso indagini giudiziarie che con lo svolgimento di ispezioni amministrative. La nostra attività in materia fiscale si incentra oramai, in modo significativo, su evasioni di tipo internazionale (esterovestizioni, transfer pricing, frodi carosello, eccettera). Le recenti decisioni di importanti gruppi economici di chiudere le loro posizioni con il fisco attraverso il versamento, ciascuno, di centinaia di milioni di euro sono frutto del nostro lavoro. Come tutte le organizzazioni che si prefiggono livelli di efficienza, abbiamo obiettivi che dobbiamo conseguire. Tali obiettivi sono la formale demoltiplicazione di quelli che, annualmente, compongono l'azione dei governi che si succedono alla guida del Paese. Gli obiettivi - Tali obiettivi sono diventati via via più pressanti per due ordini di ragioni: - la Guardia di Finanza, dal 2001, non è più solo la «polizia delle tasse», ma anche l'organo che svolge controlli in materia di spesa pubblica, nonché di mercato, sia di quello dei capitali che dei beni e dei servizi; - la progressiva riduzione del personale (mancano oramai 10.000 effettivi rispetto agli organici) e delle risorse per il funzionamento. Sotto pressione - Ne consegue che la struttura e le persone che la compongono sono sotto pressione perché tutti i governi hanno cercato, da un lato, di risparmiare sui costi, dall'altro, di incrementare i risultati in termini di gettito fiscale, di efficienza della spesa pubblica e di maggiore legalità nel funzionamento dei mercati. Nonostante ciò, continuiamo ogni giorno a fare il lavoro per cui siamo pagati, con serietà e professionalità, senza alcun accanimento o vessazione e nel solo obiettivo di tutelare gli interessi della collettività. Questo non significa, ovviamente, che va tutto bene: il sistema fiscale ha bisogno di riforme strutturali, la tassazione va ridotta, la legislazione va semplificata, occorre puntare decisamente sull'adempimento spontaneo e sulla prevenzione. In ogni caso, una cosa è certa: l'evasione fiscale va duramente contrastata in quanto socialmente inaccettabile, poiché mina alla base la giustizia nei rapporti fra i cittadini, prima ancora che fra cittadini e Stato. Questo Paese, purtroppo, e lo diciamo con cognizione di causa, vista la professione che svolgiamo, è affetto da forme di illegalità diffusa che attraversano settori tutt'altro che irrilevanti della nostra società. Giustificare in qualunque modo l'evasione vuol dire non comprendere che senza legalità non c'è speranza di futuro. Le nostre «visite» non fanno piacere: non lo possono fare. Men che meno possono far piacere i sequestri patrimoniali operati, peraltro, sempre a seguito delle decisioni dell'Autorità giudiziaria. Possiamo capire lo stato d'animo di alcuni lettori. Capiteci - Chiediamo a loro, però, di comprendere anche il nostro non facile ruolo in un Paese dove l'evasione fiscale è stata per troppo tempo considerata un peccato veniale e non una furto a danno degli onesti. Ci teniamo a precisare, altresì, che a differenza di quanto avviene per le Agenzie fiscali, i nostri stipendi, compresi quelli dei dirigenti, non sono in alcun modo legati alle verbalizzazioni. Non esiste una retribuzione di risultato, ovvero il nostro compenso non cambia se il controllo fiscale è positivo. Non solo, i nostri stipendi sono bloccati dal 2010, ciò vuol dire che se una persona meritevole nel frattempo ha migliorato la sua posizione, assumendo nuovi ruoli o responsabilità, continua a percepire la retribuzione che aveva nel 2010 a prescindere. Anche noi, come detto, auspichiamo riforme della legislazione fiscale e dell'apparato di controllo. Siamo disponibili al dialogo e al confronto con tutte le componenti sociali per migliorare la Guardia di Finanza, ma a una cosa teniamo: la nostra dignità! Non possiamo accettare di essere etichettati come coloro che chiedono «tangenti di Stato». Applichiamo leggi e direttive di uno Stato democratico, il quale appresta i rimedi necessari a tutelare la posizione di coloro che si ritengano ingiustamente lesi nei diritti. Il Cocer Guardia di Finanza

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