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Corridoni, sindacalista rivoluzionario e uomo inusuale, raccontato da Mario Bozzi Sentieri

Giulio Bucchi
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"Il sindacalismo potrà piacere o non piacere, secondo il gusto, o meglio la cultura di ciascuno; ma è uno di quei fatti grandiosi a carattere universale e necessario, che prima o poi bisogna studiare e intendere". Esordisce con le parole di Giovanni Gentile Filippo Corridoni – Sindacalismo, interventismo, Patria e lavoro (Ed. Il Borghese, 2015), libro fresco di stampa del saggista e ricercatore Mario Bozzi Sentieri, dedicato al sindacalista marchigiano caduto sui campi della Grande Guerra (23 ottobre 1915, ndr). Dimenticato dalla storiografia post 1945, a cento anni dalla sua morte, torna in un volume privo di orpelli e di retorica, chiaro, scorrevole ed esaustivo ritratto di un "Uomo inusuale" per usare le parole dell'autore.  Dott. Bozzi Sentieri, perché dedicare, oggi, una ricerca a Filippo Corridoni?  "Malgrado i cento anni trascorsi dalla sua scomparsa, Filippo Corridoni è ancora un personaggio da capire nella sua complessità: espressione di una visione molto reale e concreta della lotta sociale ed insieme figura mitica e mitizzata, proprio per l'originalità del suo percorso ideale, che lo porta dalle prime esperienze antimilitariste alla testa della campagna interventista nella prima guerra, dal classismo al patriottismo e alla morte in prima linea. Un personaggio del genere è oggettivamente complicato e perciò richiede nuovi studi ed ulteriori approfondimenti".   Che impronta ha lasciato nella storia del sindacalismo italiano?  "Proprio per la sua inusualità, su Corridoni ha pesato una sorta di “damnatio memoriae”, che lo ha messo ai margini della storia del sindacalismo italiano, dopo che, durante il periodo fascista, era assurto a mito collettivo. Nel dopoguerra la memoria corridoniana è stata coltivata a destra, in ambito sindacale, proprio quale esempio della possibilità di potere coniugare Patria e Lavoro, Socialità e Nazione. Ma per le altre realtà sindacali, quella comunista, socialista e cattolica, il suo nome è sempre stato visto con imbarazzo, a causa della a sua “dissonanza ideologica” rispetto alle scuole dominanti”.   Come viene ricordato oggi dal mondo della cultura e del lavoro?  “Il tempo trascorso e soprattutto il tramonto delle vecchie schematizzazioni ideologiche oggi permette una rilettura meno condizionata dell'esperienza corridoniana. Penso a saggi di taglio scientifico, quali quelli di Matteo Pasetti (“Tra classe e nazione”, edito da Carocci) e di Enrico Serventi Longhi (su Alceste De Ambris, pubblicato da Franco Angeli) ma, più in generale, all'occasione del centenario della morte di Corridoni, celebrato il 23 ottobre. La sua città d'origine ha organizzato, per l'occasione, una serie di eventi, culminati dal discorso del presidente emerito del Senato, Franco Marini. Circoli di varia estrazione politico-culturale hanno ricordato il centenario corridoniano. Oltre al mio libro, le Edizioni Idrovolante hanno ripubblicato “Sindacalismo e Repubblica” il testo più significativo di Corridoni , arricchito dagli atti del convegno tenutosi a Parma per ricordarne la figura, mentre di Luca Lezzi è uscito, con le Edizioni Proudhon “Filippo Corridoni. Un sindacalista rivoluzionario”. C'è insomma un rinnovato interesse, che – mi auguro – continui ben oltre il centenario di quest'anno”.  Ritiene che alcune sue battaglie possano trovare riscontro nell'attualità dell'economia italiana e del mercato del lavoro?  “Pur nei mutati contesti socio-economici, ci sono alcune questioni cruciali rispetto alle quali l'esperienza corridoniana mantiene un certo interesse. Intanto c' è l'idea di fondo del “volontarismo”, dell'etica posta a base dell'azione sociale, del rifiuto di ogni determinismo ideologico. Poi c'è la necessità di coniugare interessi nazionali ed interessi sociali, puntando – oggi come allora – alla crescita del sistema produttivo e alla modernizzazione del sistema-Paese, incalzando la borghesia a fare bene e fino in fondo il proprio dovere, senza protezionismi. Ultima, ma non meno importante questione, quella del sistema rappresentativo-parlamentare, rispetto al quale l'azione sindacalista rivoluzionaria fu sempre di critica rigorosa, denunciandone il formalismo e l'inefficacia. E qui i cento anni trascorsi sembrano veramente essere passati invano …”.  È difficile "associare" ideologicamente Filippo Corridoni: non un conservatore, ma neanche un riferimento culturale del pensiero di sinistra. Lei come lo collocherebbe?  “Corridoni è un personaggio “trasversale”, in grado cioè di superare le vecchie schematizzazioni ideologiche. Per questo è difficilmente “etichettabile”, in quanto è capace contemporaneamente di coniugare valori “conservatori”, quali quelli patriottici, con le idee del riscatto sociale, senza che questo appaia contraddittorio. Si può dire che fu un anticipatore di quella “Nazionalizzazione delle masse” che giocò un ruolo essenziale nei decenni seguenti il primo conflitto mondiale e che, particolarmente in Italia, fu essenziale nella costruzione dell' identità nazionale, nella quale si riconobbero borghesia e masse proletarie, braccianti ed operai, Nord e Sud del Paese”. di Marco Petrelli  @marco_petrelli

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