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Il cardinale di Milano Scola vuole una festa islamica nelle scuole

Matteo Legnani
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A quanto pare il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, ci tiene a mantenere ottimi rapporti con i musulmani. Chissà, magari sta studiando una «exit strategy» in previsione dell' invasione. O, più semplicemente, sta dando prova di grande realismo: se sottomissione dev' essere, cominciamo a farci l' abitudine. Del resto, lo aveva già spiegato il 6 gennaio scorso, invitando a pranzo in Curia una famiglia di immigrati iracheni, ovviamente islamici: «Senza allargare il cuore all' ospitalità la nostra umanità si impoverisce», disse. «Questo non significa nascondere i problemi. È chiaro che il meticciamento di popoli che è in atto su tutto il pianeta è un fenomeno che ci farà tribolare per almeno 40-50 anni. Bisogna affrontare i problemi con molto realismo, evitando gli estremismi inutili». Capito? Triboleremo un po', ma poi dovremo rassegnarci, dunque tanto vale mettersi avanti. Ed ecco che ieri, partecipando al dibattito «Comunicazione e misericordia», Scola ha ulteriormente chiarito la sua posizione. Ha iniziato con una supercazzola da «era della storytelling»: «In una società plurale come la nostra occorre che ciascuno si dica, si narri e si lasci narrare». Poi, con molto garbo, ha aggiunto: «Non si deve rinunciare ai propri simboli ma includere anche quelli degli altri. Per cui, ad esempio, mentre salvaguardiamo i simboli e le feste cristiane, se nelle scuole aumentano i bambini musulmani bisogna prendere qualcuna delle loro feste ed inserirle nella dimensione pubblica: spiegare, non vietare». Che cosa dovremmo mai festeggiare nelle scuole italiane? La fine del ramadan, per esempio? Dai, avanti, organizziamo grandi celebrazioni per Eid al Fitr, cioè la festa della fine del digiuno. Per l' occasione, gli esperti consigliano di farsi belli, scambiarsi regali e abbracciare gli amici e i parenti. Vabbé, poi ci sarebbe la piccola controindicazione della violenza sessuale. Nel senso che ogni anno, in occasione di questa festività, nei Paesi islamici una marea di donne subisce molestie di vario genere, e da qualche tempo le autorità egiziane tentano in ogni modo di prevenire il fenomeno, purtroppo con scarsi risultati. Ma sono dettagli. Di sicuro i bambini non avranno problemi: basta che ci sia festa, a loro va bene. Forse, però, dovremmo anche pensare che un giorno quei bambini diverranno adulti, e dovremmo chiederci che genere di Paese erediteranno. Se dovessimo seguire le indicazioni dei vari Scola sparsi per la Penisola, alle generazioni future lasceremo una nazione in ginocchio, pronta, per paura, a piegarsi all' islam. Un' Italia che spalanca le porte a chiunque, e che cancella le sue tradizioni per fare posto a quelle degli altri. C' è un motivo per cui nelle scuole si celebra il Natale e non, per esempio, Hanukkah. Perché la festività natalizia è fissata dalla legge, lo Stato laico l' ha fatta propria, in quanto patrimonio culturale di questo Paese. Altre feste, invece, semplicemente non ci appartengono. Se uno straniero ha intenzione di stabilirsi qui, deve imparare a rispettare i costumi della terra che lo ha accolto. Se vuole celebrare qualche ricorrenza, è liberissimo di farlo, ma non può pretendere che lo Stato si adegui. Su alcune questioni non si negozia: gli islamici non devono accettare le nostre festività perché noi in cambio adottiamo una loro usanza: devono accettarlo perché «qui si fa così». Il fatto è che - complice la nostra totale sudditanza - i musulmani, pur restando minoranza, acquisiscono sempre più influenza sul piano della cultura: il loro predominio inizia da lì. Poi, un giorno, verrà anche la supremazia politica per ragioni demografiche. Se Scola vuole prepararsi, può cominciare a farsi crescere la barba. di Francesco Borgonovo

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