Unioni civili col cane. La sentenza clamorosa: "È un progetto di vita"
Fedeltà, sostegno reciproco e sogni da realizzare, come per esempio viaggi, passeggiate e tanti momenti allegri da passare insieme. Insomma, un vero «progetto di vita». Poi, invece, arriva il destino: quell' operazione andata male forse per un errore medico, i tentativi di rimediare e, infine, la zoppia, che durerà per sempre. Il «progetto di vita» svanisce, per come era stato pensato, e il medico viene condannato a risarcirlo. E non solo per le spese sostenute nei tentativi di riabilitazione, ma anche per i danni morali causati a una «famiglia». Tutto giusto, solo che una delle due protagoniste della vicenda è un cane: si chiama Yuma, è una meticcia adottata dal canile, vittima di un errore veterinario che l' ha resa zoppa dopo un' operazione. La sua padrona ha fatto causa e il veterinario è stato condannato in primo grado dal tribunale di Genova a risarcire spese e danni morali per 4500 euro. Per i giudici Paola (la proprietaria di Yuma) aveva per sé e per il suo cane un «progetto di vita familiare» e l' obiettivo di instaurare con lei «una relazione durevole negli anni»: l' invalidità lo ha pregiudicato e il «colpevole» ora deve pagare per quel che non è stato. Insomma, mentre il vento soffia in poppa alle unioni civili, eccone una del tutto inedita, delineata da una sentenza che, allargando ancora un po' il concetto di famiglia, ci ha inserito a pieno titolo pure il quattro zampe. «Forme di convivenza legate da vincoli affettivi ed economici, che non accedono o non possono accedere all' istituto del matrimonio a cui sia stato riconosciuto uno status giuridico»: questo, in sintesi, sono le unioni civili. E dentro ci può stare di tutto. Quasi quasi anche Paola e Yuma, per come si è conclusa la vicenda, dando peraltro piena ragione a chi da sempre sostiene che il cane sia un membro della famiglia. Ecco la storia: nel 2011 Paola adotta una cucciola di pochi mesi - una meticcia simile a un pastore tedesco - da un canile della Sardegna. Dopo qualche tempo (come racconta La Repubblica Genova) si accorge che la cagnolina zoppica, la porta dal veterinario che le parla di un problema all' anca e le consiglia un' operazione risolutiva. Paola accetta, ma finito l' intervento la situazione peggiora: Yuma adesso trascina la zampina, praticamente non cammina più e non può essere lasciata mai sola perché, per il fastidio e il dolore che sente, si ferisce mordendosi l' arto. Per Paola comincia un calvario, identico a quello di tutti i proprietari con un cucciolo malato: visite, diagnosi, medicine e speranze. Ma soprattutto soldi, tanti soldi. Consultati diversi esperti, a Yuma viene diagnosticata una lesione del nervo sciatico e la cucciola viene nuovamente operata, anche se non tornerà mai a camminare in modo completo: migliaia di euro di onorario. Nel 2013 Paola intenta la causa civile contro lo studio veterinario di Chiavari, che aveva operato Yuma la prima volta. Il suo avvocato chiede che il professionista copra tutte le spese sostenute per far nuovamente operare la cagnolina e ci mette dentro anche i danni morali. E la novità sta qui perché di norma - la giurisprudenza in materia veterinaria lo insegna - vengono concessi solo nel caso che per il cane sia sopraggiunta la morte. Il legale di Paola invece insiste: il progetto di vita in comune è stato invalidato e Paola ha sofferto ansie e paure a causa di quella operazione finita male. Il Tribunale accoglie la richiesta: a Paola spettano 4500 euro di danni, oltre alle spese sostenute per provare a curarla e fa nulla se Yuma non è che un meticcio preso al canile. Per la gioia degli amanti degli animali, infatti, i giudici hanno anche respinto la tesi della controparte, che avrebbe suggerito un risarcimento «pari a zero», in quanto il cane non è di razza, ma adottato al canile e dunque privo di un valore economico. Alessia Pedrielli